Ragusa Sottosopra - Anno XII - N° 4
Il Documentario
La carruba, il pane di San Giovanni
Grande partecipazione di pubblico alla presentazione del documentario di Salvo Arena e Giovanni Iacono“La carruba: il pane di San Giovanni” è un documentario che nasce dall’esigenza-desiderio di dare un maggiore onore ad una pianta che è molto prodiga nell’offrire il meglio di se stessa. Non è stato facile documentare il tutto quasi esclusivamente con sole immagini. L’idea era quella di inquadrare la pianta nel contesto territoriale presso il quale è presente e la sua interazione con il tessuto sociale, come ad esempio l’utilizzo dei suoi frutti nella dieta e nella vita quotidiana della gente che ne fa uso. E’ un dato di fatto che le piante, le colture – l’ambiente insomma - e la popolazione sono in simbiosi. Il lampo di genio è arrivato visionando alcuni documentari realizzati, verso la fine degli anni 50, dal regista Vittorio De Seta. Potrei citare alcuni titoli quali Parabola D’Oro, Sulfarara, Pasqua in Sicilia, Pastori ad Orgosolo, documentari dove senza alcun commento didascalico, eccezion fatta per una breve introduzione in sovrimpressione, venivano fotografati momenti di “vita quotidiana” delle realtà documentate. Non è stato facile non cadere in una semplice copiatura. Il contesto era diverso, come d’altronde diversa è l’epoca di realizzazione. Nel nostro caso era necessario amalgamare bene tradizione e tecnologia: inquadrare il carrubo, e quindi la carruba, nell’ambito del suo territorio e proiettarlo nel circuito del suo molteplice utilizzo; quindi la carruba intesa non più come cibo per gli animali o per chi se ne nutriva per non morire di fame, ma come motore di una economia ancora latente e non decollata del tutto.
Nasce così un documentario in due tempi legati tra di loro da una consecutio temporum che risulta essere il leitmotiv del film.
La prima parte, priva di un commento musicale, tende a mettere in risalto la radicazione dell’albero nel contesto territoriale
e sociale. Vengono messi in rilievo i suoni della natura: il frinire delle cicale “estive” è la base di tutta la prima parte,
l’abbaiare dei cani, i muggiti, il canto degli uccellini e poi il caratteristico rumore della canna che
“cuotila” le carrube già mature; completano il quadro sonoro i “rumori” della festa di San
Giovanni. Siamo a fine agosto.
Passata la festa del Patrono il ragusano di campagna (e non) si dedica alla raccolta delle
carrube.
Nel documentario uno spazio particolare viene dato al “rito” della festa che nella
tradizione contadina iblea ricopre il ruolo di spartiacque tra il vecchio e il nuovo anno agrario. Dopo la
quiete estiva dedicata alle conserve (“a rifunu” “i ciappiri” “u strattu” “i pumarori salati” e nelle parti di mare anche “i sardi sutta sali”), iniziava il ciclo
agrario con la preparazione dei campi a cui seguivano le semine che sarebbero state lo starter per un buon raccolto a giugno…
tempo atmosferico permettendo.
Raccolte le carrube si conclude la prima parte del film. Parte il sottofondo musicale; vengono passati in rassegna alcuni tra i derivati della carruba. Il momento culminante, l’apice del sublime, è rappresentato dalla realizzazione di una torta
preparata dalle esperte mani del pasticciere, che alla fine conclude la sua opera d’arte decorandola con due carrube. L’epilogo della parte documentaristica è rappresentato da un breve escursus nel territorio ibleo: il barocco, le valli, le dune di
sabbia, le zone umide, il mare.
Per finire, e qui la parte nostalgica, abbiamo voluto estrapolare da un precedente documentario (questa volta sul
carrubo-albero e non sulla carruba-frutto) una poesia composta per l’occasione e recitata dal poeta santacrocese Enzo
Leopardi, alla cui memoria, insieme a quella del regista Vittorio De Seta, abbiamo voluto dedicare il film. Una bellissima
poesia che in pochi versi canta la ragusanità del carrubo e di chi con esso convive, e alla quale siamo particolarmente legati
così come lo siamo al territorio ibleo. La poesia, che proponiamo, richiama la terra e l’uomo ibleo.
Fra le pietre l’ombra della chioma è un mantello buio sull’erba, / dal tronco torturato la fila di
formiche sale giudiziosa alle foglie sempreverdi. / Miracolo di vita s’apparenta all’uomo ibleo docile e tenace; / puntuale
rigermina, ai pochi succhi si torce, dolente si consuma per il magro frutto. / Eppure ravviva, sembra rigoglioso dal monte alla vasta marina impregnata di sole. / Cauta la lepre si acquatta alla scoperta radice poi corre alla fratta, / così l’uomo quando
sulla terra affocata cerca riparo alla pianta solenne / sperduta nel giallo della campagna muta.
(Enzo Leopardi)
Autori: Giovanni Iacono e Salvo Arena
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