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L'opera
La Chiesa dell'Itria in Ragusa Ibla
Una nuova pavimentazione in pietra calcarea e pietra pece sostituisce quella realizzata negli anni ’50 in granigliato cementizioIl progetto di ripavimentazione della chiesa di S. Maria dell’Itria, approvato dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA e dalla 
								   Commissione Risanamento Centri Storici, è stato finanziato dalla CEI e dall’amministrazione comunale con i fondi della legge regionale 
											61/’81.
           
La Chiesa dell’Itria è uno dei diciotto monumenti di Ragusa dichiarati dall’Unesco Patrimonio 
											dell’Umanità. La scelta di realizzare la nuova pavimentazione, in grado di ridonare al monumento il suo antico splendore, 
											nasce dalla lungimiranza del sacerdote Don Giorgio Scrofani che ha voluto  sostituire il vecchio pavimento in granigliato 
											cementizio degli anni ’50.
           La nuova pavimentazione, costituita da elementi di pietra in calcare tenero bianco e pietra pece, è intervallata da semplici 
											disegni geometrici e da una croce di Malta inscritta in un ottagono in prossimità del portale di ingresso, in asse con la 
											navata centrale nel punto in cui incontra la cappella laterale della Madonna del Chiodo. Durante la fase di demolizione della 										vecchia pavimentazione nel primo strato sotto il massetto, in corrispondenza della navata centrale, è stata rinvenuta una 
											cripta di piccole dimensioni costituita da due pareti scavate su banchi di roccia, da altre due pareti e da una copertura  
											composta da  una volta a botte.
											
Tale ritrovamento mi ha suggerito, in accordo con la committenza  e con il  soprintendente arch. Alessandro Ferrara, 
											l’idea di renderla visibile per mezzo  di una pavimentazione in vetro trasparente calpestabile, illuminata all’interno con 
											luci a led.  Attorno la lastra di vetro è stata posta una lamina d’acciaio cor-ten che fa da cornice, quasi a voler 
											riprendere il sistema esistente delle lastre tombali in pietra pece.
           Sempre durante la fase di demolizione e di scavo, sono state rinvenute altre cripte che ho voluto evidenziare anch’esse con 
											una sottile perimetrazione in acciaio cor-ten. Questo accorgimento mi ha permesso di mostrare le cripte a futura memoria di 
											fedeli e visitatori non stravolgendo in alcun modo il disegno originario del progetto. Le possibilità per la risoluzione di 
											tali cosiddetti imprevisti potevano essere molteplici. L’ alternativa  di mettere a vista tutte le cripte (ne sono state 
											ritrovate sei!) è stata da me scartata  perchè  avrebbe di gran lunga snaturato il progetto  con il risultato, tra l’altro, 
											di creare una pavimentazione poco piacevole sotto il profilo estetico.
											
							    Un’altra soluzione  era quella di ricoprire tutte le cripte con identica pavimentazione ma ciò avrebbe significato cancellare   								totalmente la loro memoria commettendo lo stesso errore fatto troppe volte nel passato per altri restauri. 
           
Adiacente alla cappella laterale all’interno della cripta, sono stati ritrovati resti umani, casse lignee ed ossa di cui si è  									occupata l’archeologa dott.ssa Clorinda Arezzo, con la supervisione della dott.ssa Salvatrice Fiorilla, funzionario delegato 
											della Soprintendenza. Secondo il loro parere questi resti umani risalirebbero ad un periodo compreso tra il Settecento e 
											l’Ottocento e sono oggetto di ulteriori studi. La cripta è stata resa ispezionabile mediante una botola con un perno centrale 										e perimetrata  con una sottile lamina di cor-ten.
           
In corso d’opera, nella navata sinistra, vicino la porta laterale, sono state ritrovate le vestigia della 
											pavimentazione del primo impianto chiesastico. Con l’autorizzazione della Soprintendenza, queste sono state rese fruibili 
											alla vista dei visitatori mediante l’ installazione di un vetro trasparente calpestabile e valorizzate da un sapiente gioco 
											di luci che, scaturendo dalla lamina di cor-ten verticale, esaltano ulteriormente tale importante ritrovamento. 
           La superficie pavimentata è l’elemento che noi tutti possiamo ammirare e calpestare, ma per intervenire al di sotto di essa 
											mi sono avvalsa delle più innovative tecnologie secondo i criteri di bio-edilizia ed eco-sostenibilità: è stato, cioè, 
											applicato un vespaio alleggerito costituito da un “igloo” per limitare la risalita dell’umidità per capillarità e sopra di 
											questo, in sostituzione della usuale rete elettrosaldata in ferro, è stata inserita una rete in fibra.
           
I sostenuti ritmi di lavoro ai quali ci siamo sottoposti hanno reso possibile la fruizione della chiesa prima 
											dell’inizio della Settimana Santa, come richiesto e fortemente desiderato dal reverendo Giorgio Scrofani. Con molta 
											soddisfazione questo obiettivo è stato raggiunto grazie anche ad un magnifico gioco d’incastri da parte di tutto il team  
											tecnico e non tecnico e del quale sono particolarmente grata a sua eccellenza il vescovo Paolo Urso, che ho avuto il grande 
											privilegio di apprezzare e stimare, a don Giuseppe Antoci (che ricopre con molta sapienza la carica di responsabile dei Beni 
											Culturali), al sindaco Nello Dipasquale, all’assessore ai Centri Storici  Giovanni Cosentini, al soprintendente arch. 
											Alessandro Ferrara, alla dott.ssa Salvatrice Fiorilla, a Carlo Giunta (funzionario della Soprintendenza e autore delle 
											bellissime foto di questo monumento), all’arch. Salvatore Missud (che occupandosi con competenza della misura e della 
											contabilità dei lavori ci ha consentito  di rientrare perfettamente all’interno del budget assegnato), all’archeologa 
											dott.ssa Clorinda Arezzo che, avvalendosi della sua professionalità nello studio dei ritrovamenti, ci ha permesso di dare 
											loro la giusta collocazione e datazione nei secoli, alla dott.ssa Valentina Pensiero, anch’ella archeologa. Un particolare 
											ringraziamento va al dott. Andrea Ottaviano, cultore di storia e di arte, che con la sua proverbiale tenacia ha dato a tutti 
											noi la grinta per vivere gli indimenticabili momenti di questo restauro. Un grazie va anche all’impresa Amica, composta oltre 										che dal sig. Salvatore Amica anche dai sigg. Vincenzo Tumino (don ‘Nzino), che ha voluto concludere con tale cantiere il suo 
											prezioso operato, e Damiano Brugaletta (capaci di rispondere velocemente e brillantemente a tutte le fasi del cantiere) 										e poi a tutti  i fornitori, dal fabbro al fornitore del vetro, dall’elettricista al levigatore ed all’idraulico.
           
Nell’ “avventura” di questo restauro le emozioni non sono mancate, ma in assoluto quelle più forti sono venute dai vari 										ritrovamenti e dai cosiddetti “imprevisti” dove il problem-solving immediato è stato indispensabile.
           Le componenti fondamentali affinché un’ opera d’architettura abbia una buon esito sono tre: l’architetto (purché lo faccia 
											con vera passione), un saggio committente e l’impresa esecutrice dei lavori (aperta a tutte le innovazioni).
								
Autore: Laura Baragiola
 
									
									La Chiesa dell'Itria
 
									
									La vecchia pavimentazione
 
									
									La nuova pavimentazione
 
									
									Visione d'insieme d'alto
 
									
									Inaugurazione del 17/3/2012 Vicensindaco G.Consentini taglia uno dei nastri
 
									
									Il Vescovo P.Urso e l'Arch.Baragiola al taglio del nastro
 
									
									Inaugurazione del 17/03/2012
 
									
									Particolare pavimentazione navata centrale
 
									
									Navata centrale:particolare cripta ritrovata
 
									
									Ritrovamento della vecchia pavimentazione
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