Ragusa Sottosopra - Anno XII - N° 3
Inaugurazioni
La stele commemorativa dedicata a G. B. Hodierna
Una stele per Giovan Battista Hodierna, ideata da Padre Pavone, posta nel quartiere dove era nato l’illustre scienziato ragusanoIl sacerdote Giovan Battista Hodierna, nato a Ragusa il 13 aprile 1597 e morto a Palma di Montechiaro il 6 aprile 1660, è uno degli scienziati più rappresentativi del Seicento italiano. Su proposta di padre Mario Pavone, appassionato studioso dell’illustre concittadino, l’amministrazione comunale ha realizzato e inaugurato lo scorso 27 aprile una stele commemorativa dedicata a Hodierna fatta installare nel quartiere Fiumicello (spazio adiacente al parcheggio di via Ottaviano), in Ragusa Ibla, dove era nato e vissuto lo scienziato. A scoprire la stele il sindaco Nello Dipasquale, unitamente a padre Pavone, al presidente del Centro Studi Feliciano Rossitto Giorgio Chessari, al vicesindaco Giovanni Cosentini, al consigliere comunale Titì La Rosa, al parroco della chiesa Anime Sante del Purgatorio Giorgio Scrofani, alla presenza dei giornalisti, dei redattori del progetto della stele, l’arch. Maurizio Firrincieli ed il dott. Andrea Criscione, di una delegazione di studenti ed insegnanti del liceo scientifico E. Fermi e di giovani ricercatori. La stele è una struttura composta da tre elementi: un medaglione alla base che propone figurativamente i momenti essenziali dell’esperienza hodierniana, il testo della lapide che, oltre ai dati essenziali della dedica, riporta anche un brano dello stesso scienziato tratto dal “Nunzio del secolo cristallino”(scritto proprio a Ragusa nel 1628), poi v’è l’elemento scultoreo stilizzato composto da elementi poligonali sfaccettati che evoca la sua passione per il cielo e per i molteplici aspetti dei segreti della natura. Di Giovan Battista Hodierna, della sua vita e della sua opera parliamo con padre Pavone, che ha pubblicato diversi libri sullo scienziato.
Padre Pavone, la realizzazione di questa stele, che simbolicamente rimanda lo sguardo dell’osservatore al cielo,
rappresenta “un contatto” metaforico della Città con uno dei suoi figli più illustri. Come hanno inciso nella formazione di
Hodierna gli anni della gioventù vissuti a Ragusa?
Fin dalla sua preadolescenza (all’incirca all’età di dodici anni) fu colpito dalla bellezza del firmamento e su di esso
diresse il suo sguardo estatico e le sue curiosità giovanili. Scelse la cima del “Monticulum” (Monticello), come lui stesso chiamò la città di Ragusa e, poi, il campanile dell’allora chiesa di S. Nicola (oggi S. Giorgio) per le sue prime osservazioni astronomiche. Ecco perché la scaletta che, avvolgendo la parte posteriore della chiesa di S. Giorgio,
porta alla sommità della città è chiamata “Salita Specula”. Mi sia consentita, al riguardo, una breve autocitazione: nel mio
volume La vita e le opere di Giovan Battista Hodierna ho scritto che la “serena casa paterna” e la
“dolce patria” costituirono nell’arco di tutta la sua vita «oltre che il suggestivo e indimenticabile scenario delle sue prime
emozioni, anche il punto di partenza di una meravigliosa avventura che lo avrebbe poi portato ben oltre i modesti confini
geografici della sua città di origine».
Quali sono stati i momenti più salienti della sua vita e della sua ricerca?
G.B. Hodierna (latinizzazione del patronimico ‘Dierna’) nacque a Ragusa il 13 aprile 1597, da genitori di umili condizioni socioeconomiche, e fu battezzato lo stesso giorno nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista (ora S. Agnese).
Nel 1622 fu ordinato sacerdote a Lentini (Siracusa) nella chiesa dei santi Alfio, Filadelfio e Cirino, dal vescovo di Siracusa
Paolo Faraone. Svolse il suo primo ministero sacerdotale, in qualità di vicario parrocchiale, nella stessa chiesa di S. Giovanni Battista. Nel 1628 scrisse Il Nunzio del Secolo Cristallino, un opuscolo allegorico e celebrativo del «Precursor di cotanto secolo» (Galileo) e della “nuova era” inaugurata dall’avvento dei nuovi strumenti ottici. Con legittimo
orgoglio il giovane scienziato si autodefinisce “profeta/nunzio” del “Secolo cristallino”. Da qui l’enfasi celebrativa
dell’Hodie (l’oggi eccezionale e fondante della rivoluzione scientifica), significativamente
integrato nel cognome originario. Nel 1637 Hodierna, assieme ai due fratelli gemelli Carlo e Giulio Tomasi e a un nutrito
gruppo di cittadini ragusani, si trasferì nella “Baronia di Montechiaro” e partecipò alla fondazione di Palma - oggi Palma di
Montechiaro (Agrigento) - di cui, pochi anni dopo (1645), fu formalmente nominato arciprete dall’allora vescovo di Girgenti
Francesco Traina. Il mecenatismo dei Tomasi fu determinante ai fini dello sviluppo dell’opera hodierniana. Carlo Tomasi,
divenuto sacerdote, si laureò in Teologia e si trasferì a Roma. Qui divenne amico del papa Alessandro VII e di J. Caramuel
Lobkowitz. Hodierna fu messo in contatto con il futuro vescovo di Campagna (e poi di Vigevano) probabilmente dallo stesso
Tomasi. Le prime notizie sull’amicizia che legò i due studiosi risalgono al 1656. Il 26 gennaio Caramuel, assieme al suo
segretario Domenico Plato, osservò un’eclisse solare. I dubbi suscitati dal quel fenomeno nella mente dei due studiosi furono
prospettati da Caramuel all’arciprete di Palma tramite il Plato. Hodierna rispose nello stesso anno con l’opera De Admirandis Phasibus in Sole et Luna visis.
Ma l’evento biograficamente e scientificamente più importante per Hodierna si verificò alla fine del 1656, quando il
celebre scienziato olandese Christiaan Huygens inviò agli scienziati di tutta Europa un anagramma contenente la sua nuova teoria sugli anelli di Saturno. L’iniziativa dello scienziato olandese colse di sorpresa anche Caramuel, il quale pensò di interpellare sull’argomento anche l’arciprete di Palma. Hodierna, ritenendo di avere colto il senso dell’anagramma, pubblicò l’opuscolo Protei Caelestis vertigines (1657) comprendente anche due lettere indirizzate rispettivamente al
Caramuel, destinatario principale dell’opera, e a C. Huygens. Nella Biblioteca universitaria di Leiden è ancora conservata la
minuta della lettera di risposta inviata da Huygens a Hodierna (e da me riprodotta) nel 1986. Per la verità l’arciprete di Palma non era riuscito a spiegare l’anagramma. Tuttavia C. Huygens non poté fare a meno di ammirarne l’intelligenza e di riconoscere
che la sua interpretazione era certamente più interessante rispetto a quella proposta da altri ben più illustri scienziati.
Lo scienziato ragusano aveva molto sofferto per l’isolamento culturale forzatamente impostogli dal decentramento
geografico della sua indagine scientifica. Purtroppo la grande occasione del nuovo rapporto con C. Huygens giunse troppo tardi:
Hodierna morì a Palma il 6 aprile 1660, poco meno di un anno dopo il recapito della tanto attesa risposta dello scienziato
olandese.
G.B. Hodierna scrisse, ma solo in parte pubblicò, circa settanta opere. Si occupò di astronomia, ottica, fisica, meteorologia,
meccanica, botanica, anatomia zoologica, astrologia. Dedicò le sue ricerche più impegnative allo studio della natura e dei
colori e al sistema gioviale (stelle medicee). A lui è unanimemente riconosciuto il merito di avere composto per primo,
completando il lavoro che altri astronomi avevano dovuto interrompere, le tavole necessarie per la previsione delle posizioni
dei satelliti di Giove. Non meno rilevanti furono i risultati conseguiti nel campo delle scienze naturali. Hodierna precedette
lo Swammerdam e il De Rèaumur nell’individuazione del ruolo esclusivo della regina delle api per quanto riguarda la produzione
delle uova. Grazie ad un microscopio costruito con le proprie mani e capace di ingrandire gli oggetti fino a duemila volte,
anatomizzò per primo l’occhio della mosca, aprendo in tal modo la strada ai moderni micrografi (Hooke, Müller, Leeuwenhoek,
Malpighi) negli studi riguardanti la struttura dell’occhio degli insetti. Estese le sue ricerche anche al dente della vipera.
Nel campo delle indagini ottiche restò legato alla dottrina prekepleriana e precartesiana della “riflessione” e ignorò il
concetto moderno di “rifrazione”, ma si dedicò con eccezionale acume allo studio teorico e pratico del meccanismo della visione
e della natura dei colori. Recenti ricerche sulle nebulose hanno dimostrato che l’ammasso M47, erroneamente attribuito per lungo
tempo a Charles Messier, è stato invece scoperto proprio da G.B. Hodierna nel 1654.
Come coniugava la sua fede e rispetto per gli orientamenti ufficiali della chiesa del tempo con la sua instancabile e
fervente attività di esplorazione ed osservazione razionale?
Dobbiamo innanzitutto ricordare che i concetti di “ragione” o di “scienza” non sono assoluti e permanenti, ma vanno
definiti in relazione ai vari contesti storici. Una cosa, ad esempio, è la scienza classica – di ascendenza
platonico-aristotelica – altra cosa è la scienza medioevale, teologicamente dedotta; altra cosa ancora è la scienza moderna,
fondata sull’autonomia dell’osservazione empirica e sulla ricerca del “metodo”; ben altra cosa è infine la scienza
contemporanea, che nasce dalla crisi dell’induttivismo seicentesco e strutturalmente disponibile a un processo d’infinita
autocorrezione. Hodierna vive nella prima metà del secolo XVII: l’impianto “teorico” della sua cultura è ancora quello classico
della vecchia metafisica e della teologia medioevale, ma il “metodo” della sua ricerca è moderno e “laicamente” aperto alla
novità dell’osservazione empirica. Nel corso della sua vita – e soprattutto nel periodo di Palma – perseguì l’ideale di una
“scienza nuova e assoluta”: un modello teorico unitario, fondato sull’ottica e sul corpuscolarismo empedocleo e capace di
inglobare in sé ogni ambito scientifico particolare. Per quanto riguarda la grossa questione del “sistema del mondo”, oggetto
all’epoca di vivaci controversie, ripudiò senza esitazione l’antico schema della cosmologia aristotelico-tolemaica (geocentrismo assoluto), ma fu inizialmente molto critico anche nei confronti dell’eliocentrismo copernicano-kepleriano. Aderì invece al
modello intermedio formulato da Tycho Brahe, tollerato dalla Chiesa e apprezzato da molti autorevoli scienziati dell’epoca.
Hodierna fece sua l’interpretazione dello scienziato danese non per motivi religiosi, ma perché da lui ritenuta più congruente
ai dati dell’esperienza, restando tuttavia disponibile all’accoglienza del «verissimum sistema mundi». Fin dagli anni giovanili
intuì l’esistenza dell’infinito, e vi aderì in modo coerente fino al tempo della sua maturità. Nel biennio 1654-1656 sostenne,
sulla scia di Giordano Bruno, che «non esiste alcun centro fisico assoluto» e che «ogni soggetto passibile» [ogni soggetto
percipiente] può svolgere la funzione sia di centro sia di periferia. Nel 1644 espresse la propria incondizionata sottomissione
«al savio giuditio delli più dotti Theologi, e alli Santioni dei sacri Canoni», precisando tuttavia che tale atteggiamento
riguardava solo l’ambito delle «cose non pertinenti alla materia [fisica]» della sua indagine.
Come è cresciuto nel tempo l’interesse del mondo scientifico per gli studi di Hodierna che ha portato nel 1990 anche ad
assegnare in suo onore all’asteroide “1990 SES” il nome di “21047 Hodierna”?
La svolta avvenne nel febbraio 1980, a seguito della mia scoperta dei “manoscritti vigevanesi”, momento fondamentale del
mio corso universitario (che si concluse con la tesi di laurea in Filosofia dal titolo Uomo, natura e luce nel pensiero filosofico e scientifico di G.B. Hodierna). Vigevano fu l’ultima sede vescovile di Juan Caramuel Lobkowitz.
L’illustre prelato e studioso di fama internazionale nel 1661 (un anno dopo la morte di Hodierna) espresse il desiderio di
curare la pubblicazione dell’ "opera omnia" dello scienziato ragusano. A tal fine chiese ai Tomasi i manoscritti di Hodierna.
Diedi la prima notizia della scoperta dei manoscritti vigevanesi con il mio primo saggio Introduzione al
pensiero di G.B. Hodierna, Filosofo e Astronomo dei primi Gattopardi. La segnalazione di quella ricca documentazione (1420 carte, tutte autografe), riferibile a sette opere conosciute, ma ritenute perdute o distrutte, e a ben ventuno opere
completamente sconosciute, cambiò radicalmente la mia personale prospettiva di ricerca e, al tempo stesso, attirò l’attenzione
del mondo accademico, che da quel momento in poi dedicò al nostro scienziato corsi monografici, pubblicazioni scientifiche e
convegni di studio di livello nazionale e internazionale.
Lei ha detto che la realizzazione della stele rappresenta solo una tappa di un cammino che deve proseguire e che era
iniziato nel 1997. Può tracciare questo cammino e indicare quali altre iniziative bisognerebbe mettere in cantiere?
Il 1997 fu l’anno celebrativo del IV centenario della nascita dello scienziato, che si concluse con la celebrazione di un
impegnativo convegno scientifico nazionale (i cui “Atti” sono stati poi pubblicati presso una prestigiosa Casa editrice di
Firenze). In quella circostanza furono fissati anche alcuni punti programmatici, quali appunto la stele commemorativa,
l’aggiornamento della toponomastica (“Hodierna” in sostituzione di “Odierna”), la pubblicazione delle opere e la realizzazione di un osservatorio astronomico e del “Museo e Istituto G.B. Hodierna”. Attorno a queste strutture potrebbero essere poi organizzati
momenti non occasionali, ma sistematici, di riflessione e di ricerca sulla figura e l’opera dell’illustre scienziato ragusano.
Per quanto mi riguarda, ho tentato di dare una prima risposta nel 2003 con la realizzazione de “La Giornata hodierniana”.
Continuare? Si può e si deve, ma con l’imprescindibile impegno delle massime autorità politiche e amministrative della città di
Ragusa e della Regione Sicilia.
Intervista a cura di Faustina Morgante
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