Castello di Donnafugata
Donnafugata: il sogno e la memoria
Delicatamente profumata da essenze di lavanda dal giardino francese sottostante si offrono al visitatore la   
						biblioteca e l'antibiblioteca su cui persino l'antenata col teschio sembra indulgere ad uno strano ma      confortante sorriso.
      
Ma Donnafugata non finisce nei suoi ambienti o nelle logge in gotico-veneziano, essa vive nelle eleganti      sospensioni in vetro, nei salotti sinuosi, nei molti letti di vario materiale che si nascondo in stanze      ombreggiate da merlettate mantovane. La luce sembra quasi rincorrere il buio in ognuno degli ambienti che il      tempo ha impreziosito di storia e di memoria. Immensi tappeti o pavimenti di asfalto assorbono quasi il passo      delle persone, come se il tempo non dovesse essere disturbato da chicchessia.
      
Una porzione di secondo piano è scarna e disadorna, perché ad essa mancò l'ultima mano d'affetto dei suoi      abitanti, e così tutto è muto in attesa di qualcuno.
				
La piccola chiesetta si staglia oltre l'ingresso nella sua essenzialità architettonica, scossa soltanto        
				  dall'altare in misto e dalla cornice dorata che racchiude la Sacra Famiglia.
      
Nel grande cortile con quattro uscite il basolato in calcare duro fa di se bella mostra, biancheggiando ad      ogni tipo di luce che lo investe.
				
Nell'uscita verso il parco due sedili in asfalto si adagiano sui lati con la finta spalliera disegnata sulla       parete. Da qui si accede al grande parco che all'inizio attorno al castello è ombreggiato da ficus bengalensis       la cui ciclopica consistenza ne fa giganti della natura. Sotto la loro ombra si staglia la grande scalinata che 
				   immette nel grande terrazzo custodita da due leoni adagiati e chiusa da due piccole sfìngi che continuano a       presentare ambigui sorrisi.
       
Da qui si apre il grande viale di basso che conduce alla neoclassica costruzione del "Coffee House". un       luogo preposto alla ristorazione da diporto nei pomeriggi estivi. Esso si presenta con delle colonne coniche nel       prospetto,	ancor più bianche nello sfolgorare parietale del rosso pompeiano; dinanzi alla costruzione una 
							fontana con spruzzo racchiuso da una decorazione fittile con due bimbi sopra una tartaruga. Durante il periodo       bellico degli anni quaranta, il castello fu usato come luogo ospedaliero dagli uomini della Luftwaffe, che      
							ripristinarono per il pubblico civile l'uso del caffè all'aperto. 
				
Nel 
				  
parco 
      esistono tre sezioni principali: il giardino alla francese attorno alla costruzione, il giardino all'inglese più cupo e 
						denso di conifere, ed una parte coltivato ad agrumi, ossia il classico "jardinu" siciliano. Vi si trovano diecine	e diecine di 
						fontane che continuano a chiacchierare grazie alle grandi raccolte d'acqua piovana dette appunto "
						ghiebbie". Molti viali e molti incroci erano costellati da vasi in terracotta della rinomata ditta calatina dei 
						fratelli Vaccaio. Inoltre vi si trovano vari scherzi per la gioia degli ospiti realizzati dai fratelli Alfano di 
      Modica, estrose situazioni di un gusto ormai lontano nel tempo. 
      
La cappelletta col monaco era un appuntamento rituale dei visitatori, che sempre rimanevano sorpresi quando la molla 
						sotto il terzo scalino faceva aprire i battenti su cui erano fissate le braccia del barbuto ecclesiastico.
      
Sopra le finte collinette, si beava al sole la cupoletta neoclassica degli innamorati, con un sedile di ghisa a due 
						posti sotto una volta stellata entro cui sorrideva una falce di luna. Sotto le collinette delle micro caverne si aprivano 
				  adornate di vere stalattiti e sugheri che conferivano un cupo fascino in contrasto con una solarità dai toni eccezionali. 
						Qui era collocato il pupazzo che inghiottiva le palline restituendole dal retro, mentre erme sorridenti si delineavano 
						nelle fessure di luce.
   
L'ultima curiosità era il sedile a emiciclo, ornato da profumato gelsomino, sul cui schienale si aprivano all'improvviso 
			   minuscoli spruzzi d'acqua che colpivano gli ospiti.
      
Tra il giardino all'inglese e la zona delle grandi aiuole ampiamente si stende il labirinto trapezoidale, che come 
						forma ha eguali soltanto ad Hampton Court in Inghilterra. Il modello inglese è con le siepi, questo donnafugasco è in 
						muratura, e su tutti i muri si stendevano
 fitti roseti di roselline borboniche, che impedivano la vista. 
      
Ad un certo punto per il riposo dei visitatori erano allocati sedili in ghisa. All'ingresso sorgeva una piccola vasca 					
						con acqua su cui era stesa una robusta passerella in legno e accanto una guardiola con un baffuto soldato piemontese che 
						montava la guardia. Chissà se anche questo non avesse un significato emblematico, ma sicuramente molto criptico? 
						
Nell'ultima aiuola prima del giardino d'agrumi, alla vicina ombra di un filare di palme c'era la statua del poeta 
						Anacreonte con l'epigrafe in latino "Anacreonti, siculo poetae", mentre di fronte c'era un piccolo busto del 
						senatore Donnafugata. A proposito di statue va citata anche la statua del canonico che legge il breviario all'ombra di un 
						carrubo, ma anche codesto è stato offuscato e offeso dal tempo e dagli uomini.
   
Le varietà botaniche del parco costituiscono una splendida forma di coesistenza arboricola, perchè ancora possiamo 
			   leggere le varie pagine 
				  
di 
      un libro naturale che si presentano piene di una strana vitalità. 
      Con grande perdita è stato annullato il settore delle serre sul lato Sud, ove un tempo delicate gardenie o azalee facevano      
						coppia con gli effimeri ma sognanti fiori delle cactacee lì riunite. 
						
C'era uno splendido gusto di saper fruire dei fiori duraturi e di quelli che nello spazio d'un sorriso concludevano la loro  				fragile esistenza.
						
Al parco erano aggiunti una serie di cancellate in ferro battute per gli accessi esterni: essi sono ormai chiusi e sopra 
						pietre circostanti sono rimaste indelebili lacrime di un pianto di ruggine che il tempo non ha cancellato.
      
Di particolare interesse sono le pavimentazioni dei viali del parco: sono realizzati con l'antica tecnica di mescolare pietrame sminuzzato (sopra uno strato di massi) con materiale tufaceo, bagnato e poi rullato con vari passaggi.
			
Nella zona del giardino alla francese c'erano grandi disegni di aiuole di lavanda entro cui in primavera sbocciavano 
			   narcisi e tulipani rossi dall'incredibile effetto. E proprio lì, nel lato a ovest, una fila di palme ed una fuga di vasi 
						incominciavano i purpurei tramonti che conferivano a Donnafugata il sapore di un sogno.
      
Se volessimo cercare tra le pieghe del mondo donnafugasco, penso che troveremmo tanti sogni nascosti in un dialogo mai concluso tra gli abitanti-amanti di Donnafugata e quanto essi hanno realizzato.
      
L'affetto per una persona o per un luogo non ha bisogno di didascalie, basta soltanto leggere i gesti compiuti e sarà tutto chiaro.
      
Il luogo e la memoria si fondono a Donnafugata tra le ali di un sogno vissuto ma che tocca ora ai contemporanei saperne valutare l'entità e sforzarsi quindi di amarla, come una signora elegante che percepisce persino un'ammiccare di ciglia, e sa ancora sorridere.
			
pag. 3
Tutto il materiale è tratto dal testo "Donnafugata il castello" edito da: Filippo 
							       Angelica Editore
			           
I testi sono a cura di: Carmelo Arezzo, Gaetano Cosentini, Milena Gentile, Biagio Guccione, Giacometto 
														Nicastro
		            
Le schede Botaniche sono di: Tiziana Turco Le Foto di: Giuseppe Leone
			           
Si ringraziano l'editore e gli autori per la gentile concessione
					

    
            
            
            
            
      
      
      
      
Aggiungi questo link su: