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Castello di Donnafugata

Donnafugata: il sogno e la memoria

La sorella Clementina invece si sposo' col diplomatico francese Gaetan Combes de Lestrade e visse per molto tempo a Donnafugata col marito. ingrandisci I due, dopo una rocambolesca fuga d'amore da Donnafugata, si sposarono a Malta e vissero un'intensa stagione di vita coniugale. Dalle carte sopravvissute si puo' notare come scrivessero a mano alterne un manoscritto, ennesima riprova del loro affiatamento.
La loro vita, intessuta di grandi viaggi in Europa e di soggiorni in località amene d'Italia, fu anche vissuta tra Ibla e Donnafugata. Qui infatti il francese diede luogo alla seconda anima del castello creando nel settore sotto la grande torre circolare un angolo di Francia. Realizzo' delle raffinate stanze ricoperte da boisserie, un impianto di termosifoni a legno e tante deliziose stanze da letto, compresa quella azzurra sotto la torre. Il Lestrade contribuì pure ad arricchire la già consistente biblioteca del castello aggiungendo collane di testi scientifici sull'agricoltura e sull'economia politica, oltre a studi sui più importanti scrittori europei.

In altri termini Donnafugata continuava a vivere: era un luogo della memoria che abbracciava il presente pur nella più grande tradizione del passato.

Come tutti sanno, il termine "Donnafugata" deriva dall'arabo "ain-as-jafaiat" (fonte della salute) che fu sicilianizzato in "Ronna ingrandisciFata" oppure "Ronna Fuata" e poi inutilmente tradotto in italiano col termine noto. In realtà in una ex tenuta del bene degli Arezzo, in contrada Purcarie, esiste ancora, nella vallata sottostante il castello, una piccola sorgente d'acqua molto leggera. E non è un caso che nel territorio ibleo ci siano varie località contrassegnate col prefisso "Ronna-Donna", e in ognuno di esse c'è comunque una scaturigine d'acqua. Anche nella memoria ragusana del Tomasi di Lampedusa ritorna prorompente il termine "Donnafugata" unico esempio il nostro, che nel romanzo è collocato a S. Margherita Belice, luogo carissimo all'autore, per certi versi somigliante al nostro luogo.
Il castello conta di ben 144 vani e si estende su una superficie di 2500 mq, mentre l'attiguo parco ha un'estensione di circa 12 ettari.
Il fabbricato si compone di una base usata per locali di deposito, la cucina, l'ex teatro, la chiesa, mentre a primo piano esistono le zone della foresteria, la zona rappresentanza ed i salotti, le stanze del quotidiano.

Antichi luoghi comuni hanno contorniato la vita di Donnafugata, tra cui primeggia il grande falso storico della presenza in esso di Bianca di Navarra che al tempo dell'acquisizione del feudo, 1645, avrebbe compiuto circa trecento anni. Eppure accompagnatori sprovveduti o presunti uomini di cultura indicarono due ambienti del primiero caseggiato come l'appartamento di Bianca.

Nel castello rimasero proverbiali certi angoli su cui, oltre alla rinomanza in se, si è stratificata una patina di fascino accresciutasi nel tempo.
Il riferimento va alla grande Sala degli Stemmi, sulle cui pareti si snoda tutto il blasone di Sicilia, la veranda a ponente per l'inverno, la stanza detta della musica e i salotti delle donne. Sulla parete di quest'ultima esiste pure la raffigurazione dell'Orto Botanico di Palermo, mentre sul soffitto si snoda­no pigramente le fasi dello zodiaco. Un cenno a parte merita la cosiddetta "Stanza del Vescovo", un elegante ambiente con un letto in bronzo e tarta­ruga ad una piazza e mezza, ed una raffigurazione femminile sulla volta che induce a eteri pensieri. Nella foresteria le stanze si susseguono a corridoio, ma ognuna ha un suo servizio autonomo ed un balcone che immette sul grande terrazzo da cui si può accedere alla villa.

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Tutto il materiale è tratto dal testo "Donnafugata il castello" edito da: Filippo Angelica Editore
I testi sono a cura di: Carmelo Arezzo, Gaetano Cosentini, Milena Gentile, Biagio Guccione, Giacometto Nicastro
Le schede Botaniche sono di: Tiziana Turco Le Foto di: Giuseppe Leone
Si ringraziano l'editore e gli autori per la gentile concessione


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