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Ragusa Sottosopra

n.2 del 07/04/2008

Angelo Poidomani una storia per immagini

Franco Cilia, artista

foto articoloCi sono fotografi che amano esibire nella forma esteriore la propria appartenenza alla “casta” degli artisti. Vestono in modo particolare, lontano dagli schemi della normalità.
Camminano per le strade del mondo con l'aria di chi è pronto a cogliere l'attimo improvviso che consenta lo “scatto” atteso e irripetibile.
Producono immagini che vorrebbero dominare la realtà. Sono come cacciatori, i fotografi, pronti a non farsi sfuggire la preda. Viaggiano fra feste padronali e funerali opulenti, qui nelle terre di Sicilia, per raccontare i riti religiosi o bagliori di un paesaggio che conosce il fuoco del sole e il respiro del vento. Alcuni raggiungono traguardi considerevoli, come Giuseppe Leone, il più noto dalle nostre parti, che, all'interno di una cornice barocca, architettonica ed esistenziale, ama soffermarsi sul microcosmo di una Sicilia arcaica e dolente, con incursioni nell'erotismo di femmine dagli occhi di lupa e dalle forme provocanti che attraggono e respingono nello stesso tempo.
Angelo Poidomani opera su questa scia, predilige il bianco e nero e il senso poetico delle cose. E' un solitario, non veste secondo la moda, non si dà arie d'artista, non ritrae con insistenza personaggi più o meno famosi, ama il silenzio e la solitudine, o meglio vive tutto questo senza apparente difficoltà. Ma mettetegli una “Leica” fra le mani e allora il suo affollato silenzio si trasforma in una luce che sa catturare l'anima delle cose e delle persone che ritrae.
Entra nelle stanze del cuore la sua fotografia, per regalare emozioni forti, durature, mai banali.
Immaginatelo con il suo disarmante sorriso, la vecchia e fedele “Leica” fra le mani, l'occhio che vede e la mano che pigia sullo scatto. Io l'ho visto fra le pareti del mio studio aggirarsi furtivo, trasformarsi in “cacciatore d'immagini” fra colori abbandonati e pennelli rinsecchiti, o cercare nel sorriso di una modella le ragioni della vita. E alla fine, interrompendo il suo ostinato silfoto articoloenzio, ti confessa il suo segreto: la sua pittura fotografica nascerà nella “camera oscura”! La camera oscura, tempio sacro per ogni fotografo che si rispetti, dove, fra bacinelle d'acqua e di acido, in una fioca luce rossa, si celebra un rito esoterico di composizione delle immagini, come un alchimista che trasformi il piombo in oro.
Angelo Poidomani è alchimista di razza e in quel luogo prodigioso, nel silenzio illuminato dalla sua creatività, rinventerà quello che è rimasto impresso nella pellicola.
E' il suo mondo quella stanza oscura: i rullini appesi ad asciugare, i negativi che prendono forma lentamente nel bianco della carta, l'occhio, la mente e le mani che in sinergia lavorano per attutire o fare esplodere la vasta gamma dei grigi, dei bianchi, dei neri, che cercano, tono su tono, bagliori di luce che solo lui in quella magica stanza sa trovare nel silenzio irreale che lo circonda. Dentro ogni foto c’è una grande storia, un racconto che, come nelle favole, inizia così: C'era una volta in un paese assolato di Sicilia un fotografo che parlava con il silenzio, con il vento e le finestre delle case, con i mascheroni dei palazzi barocchi, con il vento che trasporta nuvole sopra i muri a secco della campagna iblea. Un fotografo che sapeva cogliere l'attimo di un treno solitario che attraversa tratti di un collinare che mostra le cicatrici della sua ferita nudità… Se poi vi domandate da dove viene il fascino di un angelo di pietra che cavalca la testa di un mostro nei sottobalconi di Palazzo Cosentini, posso solo dirvi che è come l'inizio di un racconto narrato da Angelo Poidomani, non con la scrittura, ma con una vecchia Leica e una pellicola in bianco e nero, lo sviluppo di una sceneggiatura per il grande teatro di pietre e di vita che è la storia degli Iblei artigianalmente riscritta in consapevole contrapposizione agli automatismi digitali e in piena aderenza alla manualità e alla misura umana che per secoli ha caratterizzato quel mondo.

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