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Ragusa Sottosopra

n.3 del 07/06/2011

Ignazio Nifosì - il Canonico di ferro

foto articolo

Ragusano di gran razza. Battagliero. Sanguigno. Generoso. Per quasi un cinquantennio partecipò da protagonista alla vita religiosa e civile della città (prima parte)



Nacque il 15 febbraio 1878 da Eusebio e da Maria Nifosì, e appartenne a una famiglia molto numerosa: 14 tra fratelli e sorelle tutti nati a Ibla nello storico palazzo dei Nifosì, appena sopra la chiesa di Santa Barbara. Dopo aver frequentato le scuole elementari, entrò assieme al fratello Giovanni (che diventerà poi Prevosto della Collegiata di San Giorgio) nel seminario Arcivescovile di Siracusa e dopo il corso di studi fu ordinato prete. Subito dopo l'ordinazione conseguì la laurea in teologia presso lo stesso seminario.
Rientrato a Ragusa, nel 1905, a soli 27 anni, fu nominato Canonico della Collegiata della Chiesa Madre e successivamente Arcidiacono e Camerlengfoto articoloo, carica che ricoprì sino alla morte avvenuta il 28 luglio 1956.
Visse tre grandi tragedie: le due guerre mondiali e il terremoto di Messina.Questi avvenimenti segnarono la sua attività come prete e come cittadino che si svolse nell'arco di tempo tra il 1905 e il 1950, periodo di buio intellettuale e di disinteresse pressoché totale per la cultura e per la storia di Ragusa, anche da parte degli amministratori.
A questo poliedrico personaggio si devono molteplici interventi a favore dei monumenti della città, affiancati da una intensa attività culturale e da un'altrettanto generosa disponibilità verso le persone e le istituzioni caritatevoli.
Si interessa subito ai resti del muro bizantino dietro la chiesa del Signore Ritrovato, che erano già noti; Paolo Orsi, infatti, con una sua lettera del 6 giugno 1899, chiedeva al canonico Occhipinti “di foto articolotirarmi giù un disegno nel quale sia possibilmente esatto il numero dei filari e dei pezzi per ogni filare”(a), considerato che il sindaco del tempo (Raffaele Solarino) non gli aveva mandato la fotografia che aveva richiesto. Il muro fu riconosciuto di grande interesse storico da parte dell'allora Soprintendenza all'Arte Medievale e Moderna della Sicilia, e fu posto da Biagio Pace, comisano, allora senatore del regno, sotto tutela dello Stato. Quando nel 1948 un negoziante di verdure voleva abbatterlo per costruirvi sopra una casa, nonostante il vincolo, il canonico intervenne per difenderlo dalla distruzione, sostenendo e vincendo una causa contro questa persona. A seguito della vicenda giudiziaria, che al tempo fece scalpore, i resti, a cui si accedeva liberamente, furono protetti con una grata. Ignazio Nifosì comprese l'importanza del portale di San Gfoto articoloiorgio e proprio a lui dobbiamo essere riconoscenti per avere preservato il monumento dall'in-curia e dai tentativi di distruzione. La vita del portale di San Giorgio, venduto dal Capitolo di San Giorgio dopo il 1738 assieme ai ruderi dell'antica chiesa, è stata sempre travagliata e avventurosa, ahimè, anche sino ai nostri giorni. Il portale so-pravvisse a questa vendita perché fu imposto al nuovo proprietario di non demolirlo, ma nel corso di duecento anni subì manomissioni di ogni genere.
Già nel 1856 l'avv. Filippo Garofalo nel suo volume “Discorsi sopra l'antica e moderna Ragusa” reclamava “per i preziosissimi avanzi cura e vigilanza per essere meglio conservati”. Tuttavia alla fine dell'800 vi fu costruito all'in-terno un portalino per accedere all'orto retrostante, tanto che nel 1909, nella lettera inviata al canonico Occhipinti il 15 gfoto articoloennaio, Paolo Orsi accusava l'amministrazione dell'allora Comune di Ragusa Inferiore di rifiutare in blocco tutte le proposte per la tutela del portale con l'espropria-zione del terrazzo che vi era stato costruito sopra e dell'antistante cortiletto.
L'Orsi ottenne una parziale vittoria dal momento che nel 1912 Biagio Pace vi fece eseguire i primi restauri.
Subito dopo però i proprietari, per loro comodo, vi fecero un muro di mattoni, un pollaio e un piccolo magazzino! Il canonico nel 1926 fece acquistare alla chiesa di San Giorgio il portale e l'anti-stante cortile, ultimo avanzo dell'antico sagrato, e mettere la lapide a ricordo dei duecento anni di erezione della Collegiata, lapide che è stata rimossa durante gli ultimi lavori di restauro e non più ricollocata. Ancora nel 1928 tornava alla carica con la Soprintendenza per effettuare altri lavori foto articoloper la sua conservazione e tutela, ricevendo una risposta negativa.
E' stata l'unica voce che si è levata a difendere il Convento e la Chiesa di Santa Maria di Gesù con lo scritto “Un glorioso monumento che va in rovina”, che ebbe vasta risonanza nazionale e fu accolto dai Frati Minori Riformati (Zoccolanti) come un segno della volontà del Comune di restituire il complesso già appartenuto a loro e confiscato nel 1866 dallo Stato. Persino la prestigiosa rivista “ La Civiltà Cattolica”, organo ufficiale dei Gesuiti, nel suo numero del 1 giugno 1935, e “L'Osservatore Romano”, nel numero del 23 novembre 1935, riportarono con grande evidenza la notizia del “chiaro Nifosì” che difende e cerca di salvare un glorioso monumento. Di insospettabile attualità è il volume “Il Miele Ibleo”, dove descrivendo le doti e le caratteristiche del mfoto articoloiele ottenuto principalmente dal timo delle nostre montagne, il canonico traccia, quasi profeticamente, la strada per quei prodotti di eccellenza della nostra terra, descrivendo nella parte finale del volume tutte le erbe spontanee dalle quali le api traggono il nettare, con il nome siciliano e con quello scientifico.
Nell'opuscolo, pieno di riferimenti classici che denotano la solida cultura umanistica, pubblica la prima fotografia del “mielaro”- sotto il braccio sinistro tiene un'arnia e nel destro il boccale (misura per la vendita del miele) - caduto dalla cornice del portale e suppone che la faccia butterata sia il segno rimasto per i morsi di uno sciame d'api. Questa statuina si trova oggi nel museo della Chiesa Madre di San Giorgio, regalata dall'Ing. Zipelli che l'aveva acquistata per evitare che fosse venduta a qualche collezionista.
Nella cfoto articoloopertina di un altro opuscolo - “Gesù Trovato” - pubblica la fotografia della grande pala d'altare che si trovava nella Chiesa del Signore Trovato e non più esistente e la prima strofa della poesia di un poeta dialettale ragusano sconosciuto, il sacerdote Salvatore Arena:
Era lu milli ed ottucentu ed unu
Lu primu marzu a mezza nnotti in puntu
E pri li strati non si videva alcunu
Tranni Cassarà, sparutu e
smuntu
Cassarà ch'era un poveru
frustieri
E faciva lu spiuni e l'argentieri

Così inizia la storia della Pisside rubata da Sant'Antonino e ritrovata proprio dove oggi è la chiesa del Signore Ritrovato. Il canonico Nifosì nel 1930 preparò il grande Presepe perpetuo nell'oratorio che era contiguo alla Chiesa di Santa Agata, con i pastori acquistati a Roma dalla Ditta Rosa & Zanazio. Oggi non esiste più.
(fine prima parte)

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