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Ragusa Sottosopra

n.1 del 08/02/2010

Il linguista Giorgio Pluchino

Andrea Ottaviano, storico

foto articoloGIORGIO PICCITTO - Un ricordo familiare

É un ragusano l'autore del Vocabolario Siciliano, opera linguistica fondamentale nel panorama della dialettologia siciliana.
Pubblicato post mortem il primo volume nel 1977


Una camionetta dei Carabinieri è appostata nell'assolata strada sterrata che da Cava D'Aliga porta a Sampieri. I militari in un torrido mezzogiorno di agosto controllano i carretti e le rare autovetture; fermano anche un giovane che transita in bicicletta.
Gli chiedono le generalità, e alla richiesta del motivo per cui si trova in giro a quell'ora il giovane tira fuori un quaderno pieno di vocaboli, incolonnati rigo per rigo, e spiega al maresciallo che è occupato a chiedere ai marinai e ai contadini della zona la traduzione in dialetto delle parole elencate .
Erano tempi brutti e ogni persona che si comportava in modo strano o quantomeno non usuale era degna di ogni sospetto. Il nostro giovane viene così condotto in caserma e sottoposto a fermo: l'intervento di ragusani che villeggiavano a Sampieri e ben noti al maresciallo, però, chiarisce subito l'equivoco. Era l'anno 1936 e l'episodio ricordato segna l'inizio della carriera di studioso e di attento indagatore delle lingue parlate di Giorgio Piccitto, ragusano, e giovane studente alla Scuola Normale Superiore di Pisa.
Giorgio Piccitto era nato a Ragusa il 10 febbraio 1916 dall'avv. Giovanni e da Concetta Ottaviano che morì subito dopo la sua nascita. Allevato assieme alla sorella Maria, mia madre, dalle zie paterne Marianna e Teresa Piccitto Morana, compì a Ragusa gli studi sino alla terza media: quell'anno venne rimandato in italiano per alcuni malintesi con l'insegnante. Ne nacque un incidente tra il padre e il professore, così che l'anno successivo il giovane studente venne mandato a proseguire gli studi al collegio Pennisi di Acireale, al quale poi resterà legato per tutta la vita. Vi rimase cinque anni, compì gli studi ginnasiali e liceali e ne uscì dopo aver conseguito la licenza con il massimo dei voti in tutte le materie e una formidabile preparazione umanistica.
Intanto si preparava per il concorso di ammissione alla Scuola Normale Superiore di Pisa, che superò brillantemente. Alla Normale ebbe maestri come Luigi Russo e Giorgio Pasquali, Mario Casella e Clemente Merlo. Quest'ultimo fu relatore della sua tesi di laurea sul dialetto ragusano.
Dopo la laurea, conseguita nel giugno del 1938 con il massimo dei voti, ottenne una borsa di studio per la Germania: scelse come sede Lipsia, dove lavorò col celebre romanista Walter von Wartburg fino al luglio del 1939. Subito dopo venne nominato assistente alla Cattedra di Glottologia dell'Università di Pisa e nel novembre dello stesso anno conseguì la “licenza” in Glottologia presso la Normale.
Nel febbraio del 1940 tornò a Lipsia, dove venne nominato lettore di italiano nell'Università di Greifswald. Successivamente venne destinato all'Istituto Italiano di Cultura presso il Consolato di Francoforte sul Meno, dove rimase fino al 1941.
Nel marzo del 1940, tra gli scolari che frequentavano le sue lezioni a Lipsia, conobbe la signorina Eva Maria Janicki, che nel 1947, a Ragusa, condurrà all'altare nella sua prediletta chiesa di San Giovanni Battista. Dal 1941 e fino al settembre 1943 prestò servizio militare, anche in zona d'operazioni.
Alla fine della guerra, dopo avere insegnato per un anno lettere italiane e latine al liceo Umberto I° di Ragusa, ottenne presso l'Università di Catania l'incarico di Glottologia e, nella Facoltà di Magistero, quello di Filologia Germanica. Nel 1948 conseguì la libera docenza in Glottologia e successivamente divenne ordinario di dialettologia siciliana. Insegnò Filologia Germanica al Magistero di Catania, creatura del filosofo Carmelo Ottaviano , suo cugino (la madre Concetta era sorella di Giambattista, padre di Carmelo).
L'insegnamento nell'Università di Catania e il continuo diretto contatto con i poeti dialettali gli fecero scoprire quell'immenso patrimonio di parole e di frasi dentro le quali il glottologo e il dialettologo cercano l'originalità della lingua parlata. Sicuramente per i poeti, ma pensava già al Vocabolario siciliano, scrive il suo volumetto sull'“Ortografia Siciliana”(1947) in cui propone un unico sistema di scrittura valido per tutti i dialetti della Sicilia. Però è ormai il Vocabolario siciliano ad assorbire tutt'intera la sua attenzione, avendone tracciata la strada maestra, nel 1950, con la pubblicazione delfoto articolo volumetto Per un moderno Vocabolario siciliano.
Nasce, così, l'“Opera del Vocabolario Siciliano”, sezione linguistica del “Centro studi filologici e linguistici siciliani”, frattanto fondato a Palermo sotto gli auspici del Presidente della Regione, on.le prof. Franco Restivo, cui aderirono studiosi del calibro di Salvatore Santangelo, Antonino Pagliaro, Ettore Li Gotti, Salvatore Battaglia.
Giorgio Piccitto, dovendosi occupare direttamente della sua grande creatura, il Vocabolario, lasciò al giovane collaboratore e poi successore, Giovanni Tropea, il completamento della inchieste siciliane per l'“Atlante linguistico italiano”. Si dedicò a tessere, frattanto, un rete fittissima di collaboratori in tutti i centri della Sicilia, scrivendo prima ai direttori didattici e, successivamente, ai maestri fiduciari, ai parroci e ai sindaci di tutti i comuni dell'isola e delle varie frazioni. Preparò numerosi questionari, alcuni dei quali riportati nell'introduzione al I vol. del Vocabolario siciliano (1977), li inviò in tutti i centri siciliani, distribuendoli pure agli studenti che frequentavano i suoi corsi universitari e, riavutili indietro, ne predispone la schedatura. Fu un'attività febbrile e senza sosta, rimanendo quasi sopraffatto dalle oltre 500.000 schede pervenute in pochi anni.
Nel 1962, finalmente, poté essere pubblicato un fascicolo di saggio del suo Vocabolario. In casa Piccitto fu festa grande: come fosse nato il terzo figlio.
Poi, dieci anni dopo, nel 1972, quando Giorgio Piccitto venne meno improvvisamente, il primo volume del Vocabolario era sostanzialmente compiuto. Ma si aspettò fino al 1977 per vederlo pubblicato.
Brillante conferenziere, dal tratto pacato e signorile, amatissimo dai suoi alunni, aveva la fine ironia delle grandi intelligenze, che accompagnava con un sorriso disarmante e uno sprazzo degli occhi grigio-azzurri.
La parola affettuosa, senza enfasi, accompagnata da gesti suadenti, la raffinata cultura , la grande capacità di comunicare (ma sapeva anche ascoltare), dava a ogni sua conferenza il sapore del miele della sua terra e gli ascoltatori ne uscivano appagati e affascinati. Era forse arida la materia del suo insegnamento, ma nei suoi libri e nei suoi scritti nulla è incomprensibile o faticoso. Sapeva subito entusiasmare e coinvolgere chi lo ascoltava. Questo era mio zio, Giorgio Piccitto, ragusano sin nel profondo dell'anima e siciliano illustre.
Quando il 29 marzo del 1972, un Giovedì Santo, andò via per sempre, si stava preparando per tornare nella sua Ragusa.



L'eredità di Giorgio Piccitto
a cura di Salvatore Trovato - Ordinario di Linguistica Generale Università di Catania

Dell'opera di Giorgio Piccitto, di cui ho seguito le lezioni di Glottologia nel lontano anno accademico 1966-67, mi piace ricordare la classificazione delle parlate siciliane e il Vocabolario siciliano.
Essi, a mio parere, hanno segnato un momento importante nel panorama degli studi di dialettologia romanza. Così, mentre la classificazione delle parlate siciliane (1950) ha impresso una svolta decisiva alla stagnante dialettologia siciliana dell'epoca, il Vocabolario siciliano, felicemente portato a termine nel 2002, ha costituito e costituisce la grande eredità di Giorgio Piccitto per le generazioni di linguisti che lo hanno seguito nell'Ateneo catanese. Linguisti che, se prima furono impegnati a portare a termine l'idea del Maestro (più di cinquemila pagine in cinque volumi, con 111.000 parole a lemma), oggi continuano a lavorare attorno a quell'idea, aggiornando e perfezionando, alla luce delle moderne acquisizioni teoriche e metodologiche; un'opera che, mentre è il punto d'arrivo di una ricerca durata alcuni decenni, è anche il punto di partenza imprescindibile per qualsiasi altra opera simile, rinnovata alla luce delle nuove teorie e delle nuove acquisizioni nelle varie branche della linguistica con cui la descrizione del lessico deve fare i conti. Prima di Giorgio Piccitto, per quel che attiene alla classificazione delle parlate siciliane, era unanimemente accettata dagli studiosi quella proposta da Heinrich Schneegans nel 1888. Lo studioso tedesco aveva lavorato alla classificazione delle parlate siciliane sulla base degli scarsi materiali esistenti, per lo più di tipo folclorico, alcuni dei quali poco affidabili, senza dire poi che, mentre mancavano alla dialettologia siciliana alcuni strumenti di analisi, come, ad es., il concetto di “metafonesi”, l'unico dialetto di cui lo Schnfoto articoloeegans aveva esperienza diretta era quello di Messina.
Su queste basi lo studioso tedesco aveva classificato le parlate siciliane in tre gruppi: 1. I dialetti delle coste (ovviamente, quelli della costa occidentale e quelli della costa orientale); 2. I dialetti dell'interno; 3. I dialetti sud-orientali (suddivisi nel dialetto di Modica e in quello di Noto). A parte, ovviamente, le parlate galloitaliche e quelle albanesi.
Una classificazione più di tipo geografico che non linguistico. Tuttavia, nessuno mise in dubbio Schneegans. Si discuteva, semmai, sulle motivazioni della dittongazione siciliana, della quale non si era scoperto il meccanismo. Giorgio Piccitto, invece, sulla base di questionari appositamente e accuratamente predisposti, e inviati in tutti i comuni, riuscì a isolare, innanzi tutto, una Sicilia metafonetica (dove, ad esempio, i masch. viècchju e vicchju e (g)ruòssu/grussu si oppongono ai femm. vecchja e (g)rossa) da una Sicilia in cui questo tipo particolare di dittongo non esiste e, all'interno di questi due grandi gruppi, un serie di sub-dialetti che condividono sviluppi particolari di suoni. Ne segue che, la nuova classificazione delle parlate siciliane, pur se apparentemente di base geografica, si fonda su una serie di isoglosse che raggruppano più parlate tra di loro e insieme le contrappongono ad altre. Inoltre, per Piccitto il fenomeno della metafonesi - è lui lo studioso che per primo ha reso operativo questo concetto all'interno della dialettologia siciliana - è antico: poiché i dittonghi iè ed uò insieme ai monottonghi ì ed ù (entrambi sviluppi di e ed o del latino, toniche) si hanno solo quando nella sillaba successiva c'era (in latino) -î ed -u, il fenomeno deve necessariamente risalire a quando i parlanti erano ancora in grado di distinguere la quantità delle vocali. Non solo, ma l'antichità del fenomeno è ribadita pure dalla compattezza dell'area metafonetica: tutta l'Italia centro-meridionale, Sicilia inclusa. Sono considerazioni queste che non dovrebbero essere dimenticate da chi sostiene la recenziorità del fenomeno della metafonesi in Sicilia.Ma andiamo ora al Vocabolario. Il 2002, come si è ricordato, vide il completamento della grande opera. Successivamente si è lavorato al cosiddetto “paravocabolario”, che consiste nel Dizionario inverso e nell'Indice italiano-siciliano. L'Inverso è già pronto per essere pubblicato in un apposito sito informatico. Esso espone le 111.000 parole del Vocabolario siciliano sistemandole in ordine alfabetico inverso appunto, a partire cioè della parte finale della parola: è uno strumento che serve ai poeti per la ricerca della rima e ai linguisti per gli studi di morfologia derivazionale (suffissale). In cantiere è, invece, l'Indice che permetterà di studiare la ricca sinonimia del dialetto.
Sempre nel segno di Piccitto, resta da fare un'editio minor del Vocabolario, che si chiamerà Vocabolario Siciliano Conciso e che sarà minore per mole, non certo per qualità. Anzi, da questo punto di vista e rispetto al grande Vocabolario, il Conciso darà spazio alla storia e alla formazione della lingua. Per ciascuna parola, infatti, sarà riportata la data di prima attestazione scritta, la base etimologica e, per le neoformazioni, la struttura morfologica.
Mentre, per quel che riguarda la sintassi, per ciascuna parola figureranno le cosiddette “valenze”, la capacità cioè di ciascuna parola di legarsi a destra e a sinistra con altre parole (le cosiddette regole di selezione e di selezionabilità) e le relative restrizioni. Quadri flessionali e sintattici, oltre a una descrizione puntuale della variazione diatopica delle parlate siciliane, correderanno l'opera. La possibilità di affiancare all'opera cartacea un supporto informatico, inoltre, permetterà anche di collegare fra di loro alcuni gruppi di parole al fine di ricostruire i sottesi sistemi culturali. La vitalità delle parole e il loro uso da parte dei parlanti verranno marcati da apposite sigle che vengono chiamate “marche d'uso”. Non è un lavoro di poco conto quello che ci accingiamo a fare, ma di grande impegno e, in buona parte, di rifondazione metodologica. La buona volontà e l'entusiasmo del team di ricerca non bastano da soli a iniziare e a portare a termine in tempi ragionevoli un'opera che avrebbe bisogno di un gruppo numeroso di giovani linguisti adeguatamente preparati e della corrispondente giusta attenzione politica e finanziaria da parte delle autorità regionali e locali.

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