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Ragusa Sottosopra

n.4 del 04/09/2008

Il Convegno

Rosario Ruggeri, Presidente C.I.R.S. Ragusa

foto articoloMiniere dismesse, ipogei rupestri, vecchi acquedotti, qanat, cisterne, rifugi antiaerei
un mondo affascinante da scoprire, valorizzare e tutelare


Gli ambienti sotterranei hanno da sempre evocato una gamma multiforme di emozioni nell'animo umano: dalla paura spesso irrazionale del buio, alla curiosità dell'ignoto, o dal fascino della scoperta di chissà quali misteri nei magici meandri del sottosuolo.
É molto probabile che un comune denominatore stia al fondo di questi variegati sentimenti; quasi un lontano e rimosso ricordo che emerge dall’inconscio collettivo volto a richiamare le oscurità del primo rifugio umano a difesa delle avversità atmosferiche e dei predatori, o la memoria ancestrale del nostro originario nido costituito dal rassicurante “guscio” materno.
Ma qualunque cosa possa essere il sentimento, a predominare rimane la suggestione di un luogo dove il tempo sembra essersi fermato e da cui spesso riaffiorano testimonianze dimenticate della frequentazione e dell'uso dei nostri antenati; segni conservatisi, avvolti e protetti dal buio perenne della notte ipogea.
“Sicilia Sotterranea”, convegno organizzato dal CIRS a Ragusa Ibla presso i locali del Teatro Donnafugata, in collaborazione con Soprintendenza, Provincia e Protezione Civile, trae spunto da tali richiami del nostro passato ai quali si è voluto dare modo di materializzarsi, nell'arco di tre giorni dal 9 all’11 maggio, con voci variegate, suoni e soprattutto immagini.
Tema di questo evento sono state, dunque, le strutture sotterranee artificiali, con particolare riguardo a quelle ubicate in prossimità e al di sotto del sottosuolo delle nostre città, che non sempre sono state oggetto di un’adeguata valorizzazione per le peculiarità che spesso conservano sotto diversi aspetti: da quelli di archeologia industriale, nel caso di miniere dismesse, a quelli archeolfoto articoloogici e storico-antropici degli ipogei rupestri, vecchi acquedotti, qanat, cisterne, rifuggi antiaerei e quant'altro. Le relazioni presentate, tutte di ottimo livello, hanno spaziato nelle diverse sessioni del convegno, dalle realtà minerarie di archeologia industriale (alcune oggetto di progetti di recupero e fruizione quali le miniere di zolfo di Cozzodisi nell'agrigentino e le Latomie di Cava Santa Domenica e Gonfalone a Ragusa) agli antichi sistemi di raccolta e canalizzazione delle acque, fra cui i famosi qanat del palermitano e i sistemi di canalizzazione del periodo greco presenti nelle cave iblee. Altrettanto interessante è stata la sessione riguardante gli ipogei e le chiese rupestri presenti nel comprensorio ibleo, in particolare si richiamano i dieri di Bauly e di Cava Grande del Cassibile, e quella relativa alle tematiche di valorizzazione e fruizione.
Le finalità che si è prefisso “Sicilia Sotterranea” sono state, dunque, quelle di riscoprire, valorizzare, quando ne sussistono i presupposti, e tutelare queste risorse ipogee del nostro passato, anche nella eventuale ipotesi di una loro possibile fruizione. E da ciò, l'utilità di un loro censimento ed esauriente documentazione, affinché ne rimanga sempre memoria, e, principalmente, un costante monitoraggio, quando necessario, ai fini della loro conservazione e messa in sicurezza sotto il profilo geostatico.
Temi, quest’ultimi, trattati nella sessione tecnica conclusiva del convegno riguardante le problematiche di documentazione, recupero e sicurezza cui ha collaborato il servizio di Protezione Civile di Ragusa e gli ordini professionali dei geologi, degli ingegneri e degli architetti.
Gli iscritti all’evento hanno con entusiasmo partecipato a questo viaggio nel sottosuolo siciliano, dapprima attraverso le relazioni, presentate dai vari relatori, accompagnate da ottime immagini, qfoto articolouindi direttamente con le escursioni svolte una presso le Latomie della Cava Gonfalone, la successiva a conclusione dell’evento nell’area delle miniere di asfalto di c.da Streppenosa. Infine, per quest'ultima realtà mineraria, più volte oggetto da parte del CIRS di interventi, articoli e pubblicazioni, tutti finalizzati a un loro recupero e soprattutto tutela, si richiama quanto esposto nel corso del convegno e condiviso dalla totalità dei partecipanti. Il recupero e la valorizzazione delle miniere di c.da Streppenosa Castelluccio deve provenire da una progettazione che oltre a rispettare il contesto naturale in cui le stesse si collocano deve favorire il processo di naturalizzazione, sia all'esterno che in sotterraneo, che la natura ha avviato a partire dagli anni della loro dismissione. La bellezza selvaggia dei luoghi e la vegetazione naturale che circonda le opere minerarie semi dirute conferisce all'insieme un ché di fortemente struggente e suggestivo che nessun intervento di progettazione dovrebbe inficiare.
Davvero per il recupero e una ottimale fruizione del parco delle miniere di Streppenosa non abbiamo necessità di mega progetti, quanto di tocchi “lievi” (sentieri, cartelli di legno che descrivano le varie peculiarità, ecc.) e un oculato intervento, ad impatto minimo, in sotterraneo per tutelare e mantenere le concrezioni carsiche formatesi nelle gallerie (regolamentazione alle visite con guide esperte, divieto dell'uso di luci, ecc.). No! questa non è, come qualche “acculturato” potrebbe belare, imbalsamazione del territorio! É solo rispetto di noi stessi e di ciò che ancora faticosamente la natura riesce a donarci e che l'uomo con i suoi progetti può essere capace di trasformare o distruggere.
Miraggi o progetti?
Progetti che non tengono conto degli impatti sulle diverse componenti che fanno parte del paesaggio ipogeo ed epfoto articoloigeo; che sembrano distaccati dalla realtà fisica e naturale, realizzati a tavolino o in maniera virtuale. Progettualità quasi fantastica che non tiene conto delle normative vigenti e spesse volte esagera il concetto di fruizione a tutti i costi.
Abbiamo più volte negli anni lanciato un messaggio di attenzione sul fatto che all'interno di tali strutture sotterranee artificiali fosse in atto una fase di rinaturalizzazione visibile attraverso le numerose concrezioni che si stanno formando giorno dopo giorno grazie ad un lento ma continuo stillicidio delle acque che dalla superficie percolano attraverso le fratture formando stalattiti, pareti concrezionate varicolori, vaschette, perle di grotta, spesse volte in contiguità con colate di nera pece così da creare rarissime peculiarità. Delicatissime strutture per le quali non deve essere alterato il microclima o deviato lo stillicidio da parte di passerelle o altre strutture artificiali. Attenzione, quindi, per la loro tutela, non certo per creare una Disneyland delle miniere.
Un altro aspetto di rinaturalizzazione degli ipogei è di tipo biologico, legato alla presenza dei chirotteri, i quali bisogna ricordare entrano ed escono dalla cavità attraverso le uniche tre entrate presenti: l’ingresso principale, il pozzo d'aera-zione e la discenderia.
Non è possibile pensare che qualsiasi attività fatta all'interno della miniera non disturbi le colonie presenti, come se si potesse chiuderle in una stanza e poi stare tranquilli a far quel che si vuole.
Difatti, le specie di pipistrelli presenti, Rinolofo maggiore e Vespertilio maggiore, rientrano tra le specie protette a livello europeo dalla Convenzione di Berna del 19.09.1979 e della Direttiva Habitat 92/43/CEE del 21.05.192.
Esse vengono classificate dalla direttiva Habitat come “specie di interesse comunitario la cui conservazione richiede la desigfoto articolonazione di zone speciali di conservazione” e “specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa”, dalla Convenzione di Berna come “specie strettamente protette” e “specie che richiedono specifiche misure di conservazione dell'habitat”.
Per ciò che concerne l'ambiente esterno alle miniere, che a qualcuno può sembrare “desertico”, in realtà ospita un'inte-ressante gariga che tende in alcuni punti verso aspetti di macchia, costituita da essenze caratteristiche delle aree carsiche.
Il substrato calcareo, grazie alle sue caratteristiche chimico-fisiche ha determinato numerosi macro e micro morfologie che hanno generato numerosi habitat e nicchie microclimatiche. Quest'ultime ospitano una flora molto interessante e permettono la sopravvivenza di specie rare ed endemiche tra le quali il timo, la palma nana, la borracina azzurra, la putoria delle rocce, l'assenzio arbustivo, le euforbie, i camedri, il lentisco, la salsapariglia, il trachelio siciliano, il cappero, l’alaterno, il terebinto e numerose rare orchidee selvatiche. Ma per qualcuno, forse per assoluta ignoranza o forse in malafede, è più comodo vedere un deserto per progettarne così la trasformazione in una foresta, magari di essenze alloctone, senza tenere conto delle potenzialità naturali dei luoghi. Forse per quanto sopradetto non è stato chiaro il concetto e perciò è bene ribadirlo gridando: ci preoccupa fortemente una progettazione e fruizione che non tenga conto del valore biologico e geomorfologico dell’intera area e che non rispetti la sua intrinseca naturalità.
E questo è quanto “Sicilia Sotterranea” ha voluto lanciare come messaggio, a conclusione dei lavori, alla collettività e soprattutto a chi ci amministra che ha, con le proprie azioni, la grande responsabilità del futuro del nostro territorio.
Retorica?
Forse, ma tant'è...

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