Ragusa Sottosopra
n.3 del 09/06/2008
Marediterramia
Nino Cirnigliaro, Presidente Centro Servizi
caricandosi di uno sguardo empatico e malinconico, restituisce l'emozione di paesaggi che sono anche interiori
Il 26 e 27 aprile scorso nella consona cornice dell'UpA (Ufficio per l'Architettura, via Esperanto, 54) si è avuto modo di apprezzare e meditare sui circa trenta scatti in bianco e nero di Giorgio Spoto alla sua prima personale.
Si prova la sensazione di essere subito coinvolti in un'atmosfera di accentuato lirismo, che il fotografo-poeta sa creare senza sforzo e in maniera naturale.
Davanti ad ogni foto non si può che sostare, per recepire la velata tristezza di un “marediterranostra” fissato nella sua solitudine di un autunno inoltrato o di un incipiente inverno.
Non la marina azzurra dell'estate con i suoi colori rutilanti, la gioia e il divertimento, ma marosi inclementi, onde schiumeggianti, marine chete e fredde, spiagge tragicamente prive di presenza umana o con qualche figura in dissolvenza. Eppure le persone ci sono state e il loro passaggio è testimoniato dalle cose che hanno utilizzato e poi lasciate quasi a disfarsene. Così non senza malinconia sembrano narrare una storia il gazebo e la sua panchina, due sedie arrugginite che hanno ospitato, chissà, una coppia di innamorati, due amici, degli anziani, che hanno litigato oppure dialogato fra loro o con il mare. Alla stessa maniera paiono raccontare le loro vicende una vecchia barca e un motoscafo tirati in fretta sulla battigia nell'approssimarsi di un temporale. Questo il merito di Spoto, saper mettere in moto il cuore e la mente di chi osserva, dare l'input per costruire ognuno le proprie sensazioni, i personali pensieri che ci portano al nostro vissuto passato, a rimembrare anni della nostra vita a contatto col mare. E di questo mare, che si “creaturizza”, parla la fotografia di Giorgio che, per consolarlo, si serve del solo mezzo di cui dispone, la sua macchina fotografica, la quale ritrae per ricordarlo, il mare, quando tutti lo hanno dimenticato. Sono queste le emozioni che stanno alla base della produzione artistica dell'autore, che finiscono col combaciare con quelle del visitatore sensibile alla mostra.
Davvero dunque una poesia per immagini, se riesce a farci percepire che ancora un'estate è finita, lasciandoci tutti meno giovani e con lo struggimento per una festa, un'avventura, un amore, un'amicizia cancellati dal tempo, come quelle orme sulla sabbia appianate dal susseguirsi instancabile e senza tempo della risacca.
Giorgio Spoto fotografa per passione. Passione per la fotografia, per le fotocamere, per le regole dell'ottica, di cui è esperto, ma soprattutto pas-sione verso il mondo che lo circonda, la sua terra, il suo mare, i personaggi che ammira con stupore e che con circospezione avvicina, alla ricerca di esperienze ed antiche saggezze. Il suo approccio è rispettoso ma determinato, gentile ma volitivo, ogni scatto è il superamento di una lotta con la propria timidezza e per ciò tanto più vissuto, sofferto, intenso. La leggerezza del tocco, vero marchio di fabbrica, emerge dalle sue composizioni pulite, le linee regolari, le armoniose sfumature dei grigi. Giorgio “chiede permesso” ogni volta che scatta una fotografia, lo chiede innanzitutto a se stesso, autorizzandosi di volta in volta solo quando è sicuro di non arrecare violenza ai suoi soggetti, di non tradirne la fiducia, di non stravolgerne la purezza. Così, le sue marine, i pescatori, i paesaggi, le albe solitarie, diventano parte di un unico atto di devozione verso la vita, un inno alla gioia di esserci e di poter godere la bellezza della natura, delle persone e delle cose. Le foto di Spoto sono concepite lentamente, sono immagini sedimentate attraverso lunghe sessioni di “ascolto” e di elaborazione interna. Lo scatto è l'atto finale di un percorso di assimilazione e suggella l'amore tra il fotografo e i suoi soggetti. Giorgio fa sue le cose che fotografa, non nel senso che ne se ne appropria ma perché vi si immedesima, ne diventa parte, un'armonia d'intenti nella quale il gesto autoriale si fonde con la naturale forza espressiva degli elementi. Una bellezza che egli rende attraverso pochi segni, ammiccamenti non omertosi né allusivi, ma ricchi ed essenziali, frutto di una prolungata e approfondita filtratura emotiva. Giorgio usa il bianconero per contenere la straripante sensibilità che lo contraddistingue. Egli guarda la realtà strizzando gli occhi, come fanno i bambini quando sono investiti da troppa luce o si vergognano per un'emozione troppo intensa. I suoi scatti minimalisti diventano eco di infinite sfumature sensoriali, suggestioni di colori che solo il bianconero - un certo bianconero - può rappresentare in maniera così compiuta, sottraendoli alla retina ma offrendoli alla percezione profonda, nella quale riverberano le infinite gradazioni dei blu, dei gialli, dei rossi, i riflessi di quella sicilianità tersa e brillante della quale Giorgio Spoto si fa minuzioso narratore attraverso le sue foto delicate e potenti, dense di ossimori: foto “siciliane”, per l'appunto.
Carlo Riggi
Fotografo
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