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Ragusa Sottosopra

n.2 del 07/04/2008

Bene Culturale Generatore di Flussi Finanziari

Calogero Rizzuto, responsabile servizio Beni Paesistici Sovrintendenza di Ragusa

foto articoloIl 40% dei flussi turistici che circolano in Italia è attratto dai siti Unesco. Un buon governo del territorio che tuteli e valorizzi non solo la bellezza dei centri storici ma anche quella paesistica rappresenta l'investimento culturale primario per produrre sviluppo e ricchezza

Nel dibattito politico e culturale degli ultimi anni si è consolidata l'idea che il patrimonio culturale costituisca un fertile terreno d'investimento, capace di produrre importanti ricadute economiche ed occupazionali.
Le esperienze rilevanti maturate negli ultimi dieci anni (433/91, POR 2000-2006), al di là dagli effettivi risultati tecnici, oggi consentono una valutazione degli impatti che gli investimenti in materia di beni culturali comportano sulle variabili economiche e sociali.
Il patrimonio storico, artistico e paesistico della provincia di Ragusa, per i suoi caratteri di eccezionale consistenza quantitativa e qualitativa, rappresenta un “unicum” nel panorama siciliano.
La valorizzazione di una tale inestimabile risorsa, oltre che corrispondere a un preciso do-vere dello Stato, cosi come sancito dall'art. 9 della Costituzione, rappresenta un potenziale fattore di sviluppo economico della provincia per i positivi effetti che può indurre sul mercato del lavoro, sul reddito e sul sistema produttivo nel suo complesso.
Il bene culturale, pur conservando una sua specificità che lo rende non un bene puramente economico, è un generatore di flussi finanziari, un bene la cui immissione sul mercato genera ricchezza in funzione dei servizi offerti.
Fenomeni recenti come l'esplosione del turismo a Ragusa, Modica e Scicli o il successo di manifestazioni culturali dimostrano un marcato aumento della domanda di beni culturali. Tale espansione non è il frutto di una moda effimera, bensì è legata a precisi fattori strutturali, insiti dentro il modello di società post-industriale: progressiva dilatazione del tempo libero, elevata scolarità, allungamento della vita media, migliore distribuzione del reddito. Tutti fattori che lasciano prevedere nel medio-lunfoto articologo periodo, una conferma della tendenza positiva delle attività legate alla fruizione turistica del patrimonio culturale e paesistico.
I siti UNESCO attraggono il 40% della massa di turisti in generale che visitano l'Italia.
Questo dato conferma l'interesse che un sito patrimonio dell'umanità ha e può avere sul territorio in termini di ricaduta sul sistema turistico.
I positivi risultati in termini di affluenza di visitatori registrati dopo gli interventi funzionali di restauro a Ragusa Ibla dimostrano, oltre la valenza culturale e l'utilità sociale, anche la redditività economica degli investimenti in questo settore.
Un aspetto di estrema rilevanza strategica è poi quello dell'occupazione e della valorizzazione delle risorse umane.
Una ricerca condotta alla fine del secolo scorso ha dimostrato che il settore a più alta intensità di occupazione nel campo dei beni culturali è quello del restauro; secondo questa stima, infatti, un investimento di 100 miliardi delle vecchie lire, in attività di restauro, è in grado di produrre 2.250 addetti fra operai, geometri, ragionieri, archeologi, architetti e ingegneri. A questi si devono sommare le ricadute occupazionali nei comparti collegati. La valenza anche economica del patrimonio culturale gode oramai di un generale riconoscimento.
Ciononostante, la sensibilità politica verso questo tema non è ancora cresciuta al punto da far sì che l'obiettivo della valorizzazione dei beni culturali abbia il giusto peso nell'ambito delle politiche di sviluppo della nostra regione. La provincia di Ragusa ha straordinarie condizioni di patrimonio culturale che ne fanno un luogo diverso, un'area con caratteristiche uniche, per questo ha una reale possibilità di fare sviluppo economico attraverso i beni culturali.
Per fare ciò è necessario abbandonare la mentalità puramente restrittiva dell'uso dei beni culturali solo come base scientifica di conoscenza ed aprire la tutela e la valorizzazione dei beni culturali alla mentalità, che da qualche anno si sta facendo spazio, dell'organizzazione, della prografoto articolommazione e della cultura d'impresa.
Gli interventi per essere efficaci dovranno essere il più possibile intersettoriali e integrati, capaci di agire non su singole emergenze monumentali, ma su sistemi territoriali e di promuovere l'offerta turistica, sviluppando un'efficiente e capillare rete di servizi, qualitativamente adeguati ai bisogni dell'utenza. Inoltre negli ultimi anni si deve registrare un crescente interesse per le problematiche inerenti alla tutela paesaggistica e la valorizzazione del patrimonio paesistico, am-bientale e architettonico esistente al di fuori dei centri urbani. La campagna con i suoi insediamenti e il paesaggio agrario sono divenuti temi di dibattito culturale ed economico.
La necessità della tutela dei centri storici è ormai da ritenersi acquisita anche a livello di coscienza collettiva, infatti, tali centri rappresentano “documenti di pietra” e valori della civiltà dell'uomo. Le preoccupazioni attuali derivano dallo stato in cui versa il patrimonio rurale e dall'eccessivo consumo che si fa del territorio; dunque è evidente che ogni sforzo delle politiche attuali sul territorio deve essere teso alla conoscenza e al rapporto intercorrente tra città e campagna.
I territori maggiormente urbanizzati hanno prodotto un progressivo allontanamento e distacco dai luoghi deboli meno urbanizzati e dalle pratiche a essi riferiti. Gli aspetti della campagna ragusana si colgono nelle variazioni fisiche e produttive avvenute nel tempo, nell'abbandono progressivo delle masserie e delle case rurali, nell'aggressione, a volte senza senso, di un territorio tanto pregiato ma allo stesso tempo tanto fragile.
Per assicurare il mantenimento e la manutenzione del patrimonio paesistico di questa provincia, servono competenze professionali, capacità imprenditoriali e decisionali, capacità di progettazione e gestione, servono risorse finanziarie pubbliche e private, serve maggiore dialogo fra tutti gli attori che partecipano all'iter decisionale, ma serve soprattutto una cultura più diffusa del “buon governo del territorio”.

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