Ragusa Sottosopra
n.6 del 30/11/2011
La teleferica nel cassetto
Saro Distefano, Giornalista
Fu progettata negli anni '20 con la finalità di trasportare la roccia bituminosa da contrada Tabuna alla stazione ferroviaria.
Malgrado il progetto pronto e l'impegno del Ministero dei Lavori Pubblici, l'opera non fu mai realizzata
Un progetto ambizioso. La soluzione, tecnologicamente molto avanzata per l'epoca, di un problema logistico ed evidentemente anche economico. Ma rimasto in forma di progetto.
E poi, a mò di corollario, le solite dispute sulle spese, i danni, chi deve pagare oppure no. È questa, in sintesi estrema, la storia per molti versi affascinante di un progetto della Ragusa degli anni Venti il cui ricordo è venuto fuori grazie al ritrovamento, presso l'Archivio Storico del Comune, di un intero fascicolo con l'incartamento scarnamente titolato “Consorzio Nazionale per la realizzazione dei materiali teleferici residuati della guerra. Relazione numero 19, Roma, luglio 1920”. Ma dentro il fascicolo consultato, grazie alla gentilezza e all'acume dei dipendenti dell'Archivio comunale, abbiamo trovato non solo quella relazione, ma anche le successive, i disegni tecnici, la corrispondenza tra il municipio ibleo, il citato Consorzio, l'Intendente di Siracusa e il Sottointendente di Modica, il Ministero per i Lavori pubblici e la Società Asfalti Bitumi Combustibili Liquidi e Derivati di Roma. Insomma, tutto quanto è conservato relativamente all'ambizioso progetto. Ed ecco la storia, che inizia almeno ufficialmente, perché immaginiamo ci siano stati precedenti incontri anche a livello informale, il 30 marzo del 1920. in quella data il Comune di Ragusa chiede ufficialmente al “Consorzio Nazionale per la realizzazione dei materiali teleferici residuati della guerra” la installazione di una teleferica con due sole stazioni di carico e scarico della merce, di una particolare merce. La richiesta era infatti finalizzata a consentire un rapido trasferimento della roccia bituminosa estratta dalle cave e dalle miniere della zona asfaltifera di contrada Tabuna fino alla stazione ferroviaria di Ragusa, dove poi il prezioso (almeno allora lo era) minerale sarebbe stato caricato sui vagoni destinati alla raffineria di via del Tritone a Roma della Società A.B.C.D., concessionaria di una buona percentuale delle cave e miniere di asfalto ragusano.
La richiesta avanzata dal Comune di Ragusa viene accolta dal Consorzio Nazionale il 14 agosto. La pratica prende quindi avvio, e quale primo atto il Consorzio chiede al comune ibleo di nominare un suo rappresentante che possa seguire l'iter progettuale. La giunta comunale indica quale suo rappresentante l'ingegnere Andrea La Porta, che era siciliano ma residente a Roma perché, si noti la non causale coincidenza, era anche l'amministra-tore delegato della stessa ABCD già citata. A quel punto la pratica prende slancio, soprattutto dal punto di vista meramente tecnico. Si stabiliscono infatti i punti fermi del progetto: sarà realizzata una funicolare aerea doppia del tipo BBBA, che partirà dalla miniera di Tabuna per concludersi nella località “Case Antoci”, in prossimità dello scalo ferroviario. L'impianto, che a lavori completati dovrebbe costare seicentocinquemila lire, servirà a trasportare la roccia asfaltica ed i fusti di olio proveniente dalla distillazione grezza dell'asfalto. La teleferica doveva essere lunga un chilometro e 664 metri, partire da Tabuna a quota 505,50 metri sul livello del mare e fermarsi alle “Case Antoci” a quota 521,80 metri. Avrebbe trasportato un carrello pieno di circa trecento chili di roccia alla velocità di due metri al secondo, e poiché i carrelli utilizzati sarebbero stati quattordici (e ben undici di riserva), che, viaggiando a duecentoquaranta metri di distanza l'uno dell'altro, avrebbero permesso di trasportare circa cento quintali di roccia ogni ora. L'altezza dei piloni della periferica sarebbe stata mediamente di quattordici metri, per poter superare alcuni dossi e avvallamenti lungo il percorso. La forza motrice della teleferica sarebbe stata garantita da un singolo motore a scoppio della potenzia di 18 cavalli, montato presso la stazione motrice, quella di contrada Tabuna, mentre quella delle “Case Antoci” presso lo scalo ferroviario era la stazione “di rinvio”.
Per tenere in linea la teleferica sarebbero stati utilizzati ventisette cavalletti, ovviamente spostabili, per consentire di cambiare la stazione di carico secondo le esigenze legate ai lavori minerari della ABCD in contrada Tabuna. Per dare una idea dell'importanza attribuita dalla ABCD alla teleferica, si pensi che lo stesso percorso, da Tabuna carichi e dalla stazione scarichi, i tradizionali carretti, con circa lo stesso quantitativo di roccia, lo percorrevano mediamente in quattro ore.
Pochi chilometri, si dirà, non più di tre o poco più, ma le forti pendenze e le tantissime curve, il tutto su un fondo molto sconnesso, non permettevano di fare meglio. Secondo gli accordi, l'opera pubblica sarebbe stata costruita dal Ministero dei Lavori Pubblici per il tramite del citato “Consorzio Nazionale per la realizzazione dei materiali teleferici residuati della guerra” e, una volta completata ed entrata in funzione, sarebbe stata demandata al Comune di Ragusa la manutenzione ed i costi di esercizio, oltre ad un canone annuo di 30.859 lire per trenta anni. Nel contratto si legge anche, e non poteva essere diversamente viste le premesse, che il Comune di Ragusa avrebbe potuto sub-concedere l'esercizio a privati, ma solo se questi ultimi fossero stati di gradimento del Ministero. A quel punto il Comune di Ragusa stipula una convenzione con la Società ABCD per la sub-concessione, accordo che prevede che tutte le spese siano a carico della società mineraria che dovrà inoltre versare al Comune un canone di sei mila lire l'anno per trenta anni.
A garanzia dell'accordo, la ABCD deposita in Banca centomila lire in Titoli di Stato. Alla fine dei trenta anni, la teleferica sarebbe passata di proprietà alla stessa ABCD. Nell'accordo sottoscritto tra Comune di Ragusa e ABCD c'è anche l'articolo 5, che prevede la possibilità di spostare la stazione di scarico della teleferica di poche centinaia di metri, verso Ovest, e consentire in tal modo di scaricare roccia esausta, non utilizzabile dalla ABCD, nella vallata detta “Grotta dell'Acqua”, e quindi continuare quell'opera di riempimento che, già dal 1891, aveva dato luogo a “Villa Margherita”.
Ma sottoscritti tutti i necessari accordi, succede qualcosa, e di serio, e succede a Ragusa. Inizia infatti un fitto scambio di lettere sulla tratta Roma-Ragusa senza però che si muova un solo operaio per la costruzione della progettata teleferica. Passa un anno, e il Regio Commissario del Comune di Ragusa, il chietano Commendatore Dionigi Mangiacasale, scrive a Roma per sollecitare l'avvio dei lavori. Da Roma rispondono che il problema è a Ragusa, anche senza saperlo individuare.
Nel 1925, con la teleferica ancora solo sulla carta, il Comune di Ragusa comunica al “Consorzio Nazionale” e contestualmente al Ministero dei Lavori Pubblici che l'ingegnere Andrea La Porta non è più il referente per il progetto dell’impianto.
A quel punto il Ministero dei Lavori Pubblici comprende che la teleferica per trasportare l'asfalto ragusano non sarà più costruita, e perciò inizia una fittissima corrispondenza con un solo punto all'oggetto: il Comune di Ragusa deve pagare le dodicimila e cento lire spesi dal “Consorzio Nazionale per la realizzazione dei materiali teleferici residuati della guerra” per la progettazione dell'impianto di trasporto della roccia da Tabuna alla Stazione dei treni. Tante le lettere che partono da Roma e che a Ragusa ottengono una sola risposta: “Il Comune di Ragusa non intende pagare i costi del progetto per il semplice motivo che si fa riferimento ad un'opera mai realizzata”.
E così per circa un anno. Arriva il 31 agosto 1926, esattamente sei anni dopo l'approvazione della richiesta da parte del “Consorzio Nazionale”, quando il Commissario Prefettizio scrive alla Intendenza di Finanza di Siracusa (a quella data Ragusa non è ancora un capoluogo di provincia, dovrà aspettare meno di quattro mesi per diventarlo) per chiudere l'incartamento. Nella missiva, dopo aver fatto riferimento al progetto, alla scambio di lettere, alla richiesta ministeriale e alla risposta comunale, il Commissario conclude che “della pratica si occuperà direttamente a Roma l'onorevole Pennavaria”. Con questa lettera si chiude anche il fascicolo ritrovato all'Archivio Storico comunale. Di tutto ciò sappiamo per certo che la teleferica non venne mai costruita, che l'asfalto continuò ad essere trasportato coi carri fino alla stazione ferroviaria, e che l'ingegnere Andrea La Porta continuò, ancora per qualche anno, ad essere l'amministratore delegato e vero e proprio deus ex machina della gloriosa Asfalti Bitumi Combustibili liquidi e Derivati, prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, dell'entrata in crisi delle miniere, dell'occupazione degli stabilimenti nel 1948 da parte dei “picialuori” e dell'arrivo di un'altra ABCD, la Asfalti Bitumi Cementi e Derivati. Ma questa è tutta un'altra storia, che speriamo di poter raccontare in seguito.
Si ringraziano i dipedenti dell'Archivio Storico
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