Ragusa Sottosopra
n.6 del 30/11/2011
Attraverso i ponti
A passeggio nella Città fra Vecchio e Nuovo
Giorgio Flaccavento, Storico
Cioè è possibile innestare il nuovo nel tessuto della città antica?
Ragusa l'ha fatto in occasione dell'elevazione a capoluogo di provincia. Il quartiere “Traspontino” o del “Littorio”, con le sue qualificatissime architetture inserite in un Piano Regolatore all'avanguardia, ha offerto lo spunto per una risposta alla domanda. Piove, malgrado l'estate di San Martino pubblicizzata dalla Sagra della Frittella. Ma i “cento e cento” che sono intervenuti hanno sfidato con il loro entusiasmo il mal tempo impertinente. E i vivaci colori degli ombrelli dispiegati come festosi gonfaloni hanno animato il Ponte Vecchio e il quartiere dei Cappuccini, che contrastava con desolata solitudine con l'insolita animazione di via Mariannina Coffa, da cui siamo partiti. Prima sosta all'imbocco del Ponte Vecchio; in posa attorno al busto di G. Battista Occhipinti, inteso Padre Scopetta, il padre cappuccino che volle il ponte nei primi dell'Ottocento per congiungere il nuovo convento sorto sul colle dell'Eremo della Croce, a servizio della popolazione più povera, al centro di Ragusa Nuova o di Sopra, in tumultuosa crescita demografica.
Fermi a capo del ponte, gettiamo lo sguardo oltre la Cava Santa Domenica, verso Sud. Capiamo come fosse Nuovo nel 1844 quel viadotto che apriva la strada verso il mare e le nascenti miniere.
Ma capiamo anche come nel 1928 per la Ragusa capoluogo, fosse urgente un altro ponte che servisse da collegamento diretto fra la Piazza San Giovanni individuata come “centro” e la Stazione ferroviaria. E non ci pare poi tanto assurda l'idea dell'architetto Francesco La Grassa, vincitore nel 1929 di uno dei primi concorsi per Piani Regolatori d'Italia, di gettare il nuovo ponte in proseguimento del rettifilo di via Dante congiungendosi nella testata a Nord in una grande piazza triangolare posta là ove sorge l'attuale tribunale. Ma certamente più felice fu la variante realizzata, gettando il nuovo ponte in corrispondenza della via Addolorata, oggi via Roma. Attraversato, festosi per l'eccitazione e solleciti per la pioggia, il ponte, approdiamo in Piazza Cappuccini. Chi l'avrebbe detto che essa fu il sito del primo tentativo di creare un giardino pubblico a Ragusa? Fu Giuseppe Schininà, grande appassionato di Botanica, e uomo politico di qualche rilievo, che “divisò impiantare una floretta nel Piano dei Cappuccini”. Poi demolito “perchè per ulteriori esigenze del piano regolatore, per la fabbricazione e la livellazione di quell'abitato e della chiesa, dovette subire un sensibile abbassamento”. Imbocchiamo ora la via Marsala, il cui prolungamento fu previsto nel citato Piano Regolatore di La Grassa. Essa ci conduce alla piazzetta intitolata a Madre Maria Candida dell'Eucarestia in occasione della sua beatificazione. Opportunamente. Perchè si deve ad essa la costruzione del nuovo Monastero di Santa Teresa o delle Carmelitane Scalze. Della fondazione di un monastero carmelitano a Ragusa cade proprio quest'anno il centenario e la si deve ad una figura non altrettanto nota e prestigiosa, ma anzi umile e quasi ignota: Suor Maria Giovanna della Croce (1865-1951), al secolo Marianna Vitale, che lo fondò contro tutto e spesso contro tutti nell'umiltà e nel sacrificio di se stessa.
Il vecchio monastero, edificato all'angolo della Strada Maestra (oggi Corso Italia) con la via del Progresso (oggi Mariannina Schininà), non regge certamente il paragone con il nuovo monastero di via Marsala voluto da Madre Candida dell'Euca-restia che ha una sua identità e una sua precisa coerenza stilistica come architettura moderna. Iniziato nel 1934 esso era ancora in corso d'opera nel 1937, anno in cui vi si trasferì la comunità carmelitana. Il progetto del Monastero si deve all'ing. Rosario Sozzi, che aveva studio anche a Roma. Il risultato è un bell'esempio di architettura moderna. Nel semplice disegno delle strutture, si sente la lezione razionalista di Ernesto Bruno La Padula (1902-1968), famoso per il Colosseo quadrato dell'EUR o palazzo dei Cavalieri o della Civiltà del Lavoro, e che in quegli anni realizza a Ragusa gli edifici di Piazza Mussolini, poi Impero e oggi Piazza Libertà, che furono costruiti dalla impresa edile “La nuova Provincia di Ragusa”, di cui era presidente e titolare proprio l'ing. Rosario Sozzi. Anche se compiuta nella muratura, agli inizi del 1937, la chiesa era però totalmente disadorna. Infatti per la costruzione del monastero Madre Maria Candida si era indebitata oltre ogni ragionevole misura.
E il procuratore generale dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi, preoccupato del rischio di una possibile insolvenza, proibì a Madre Candida di proseguire i lavori della chiesa. Nessuna obbedienza fu per Madre Maria Candida più eroica. Ma senza gravare sul bilancio dei lavori del monastero riuscì ugualmente nello scopo di adornare la chiesa “Gratis et amore Dei”. L'appaltatore dei lavori, don Ippolito Marino, che quelli di una certa età conoscemmo come proprietario dell'omo-nimo cinema, era collaborato nel lavoro dai suoi figli. Il geometra Giorgio, che lo assisteva nella parte tecnica e amministrativa, e Giuseppe “scultore autodidatta”, che secondo la testimonianza del fratello “scolpì il trittico che si trova attualmente sul frontone della facciata della chiesa del monastero e la statua di Santa Teresa che la sovrasta. Mio fratello offrì entrambi i lavori in beneficenza al monastero”. La lunetta rappresenta la Madonna con Santa Teresa d'Avila e Santa Teresa di Gesù Bambino. La composizione, pur nella impostazione accademica, non appare del tutto ignara di un moderno linguaggio novecentesco e si inserisce dignitosamente nella geometrica facciata e lo stesso si può dire della statua di Santa Teresa.
All'interno Madre Maria Candida commissionò la decorazione ad affresco al ragusano Salvatore Cascone (1904-1996). Alcune benefattrici se ne accollarono l'onere.
Aperte le porte, non senza qualche difficoltà, da parte della maldestra guida, riviviamo, anche se solo in parte, l'emozione che Madre Candida provò la mattina del 28 ottobre 1937 e che le fece esclamare: “Bellissimo il lavoro del sig. Cascone!”. Lo splendore degli affreschi del Cascone è stato infatti appannato da una improvvisa copertura avvenuta, non si sa bene per quale ragione, nel 1960 e che ha seppellito con una spessa coltre di intonaco e di silenzio gli affreschi del maestro dell'arco trionfale e dell'abside.
Nulla ci resta, purtroppo, degli affreschi dell'arco trionfale, che furono distrutti per l'abbassamento della volta nel 1959-60 per ragioni statiche e climatiche.
Per fortuna sono stati, invece, ripristinati, dall'abile intervento del maestro Calvagna, gli affreschi dell'abside in occasione della beatificazione di Madre Maria Candida dell'Eucarestia avvenuta nel 2004. Cascone, che si era formato alla Scuola d'Arte Cristiana “Beato Angelico” di Milano, guadagnandosi la stima del direttore, che gli procurò lavori di notevole rilievo in Lombardia, evolve il suo discorso pittorico da una analitica descrizione, sia pure stilizzata, verso una sempre più convinta adesione a un linguaggio sintetico, mirante a far coincidere lo spazio pittorico con lo spazio architettonico in cui si include l'affresco. La prima opera di grande respiro di questa fase dello stile di Salvatore Cascone è rappresentata proprio dal cicli di affreschi della Chiesa di Santa Teresa.
Qui il Cascone realizza un'opera in cui confluiscono armoniosamente la visione spirituale della committente e lo spazio della chiesa estremamente semplice nelle sue linee architettoniche. L'idea di Suor Candida è che la vita monastica, come concepita dai fondatori del Carmelo (dal profeta Elia, da Santa Teresa d'Avila e da San Giovanni della Croce), introduce in terra la visione della SS. Trinità in cielo svelata agli uomini dal rapporto di Gesù con Maria e Giuseppe. Tutto si conclude nella croce di Cristo Alfa e Omega del Paradiso Celeste.
Il grande sviluppo in altezza, oggi gravemente compromesso, offriva al Cascone una vasta superficie sull'arco trionfale e sui due archi minori.
E l'idea di Cascone fu quella di trarre inizio e conclusione dell'intero ciclo che occupava l'abside, proprio da questa armoniosa disposizione spaziale, dipingendovi una sorta di Paradisum come introduzione degli altri temi trattati nell'abside. Ma non ci è dato più ammirare de visu questa “osmosi architetturale e pittorica”. Ma negli affreschi dell'abside colpisce ancor oggi, malgrado l'inevitabile sbiadimento dei colori, la sapiente inclusione delle figure nello spazio ricurvo dell'abside.
Chiedo agli astanti cosa più li ha colpiti entrando in chiesa: e più di uno mi dice l'immagine dei tre Santi Carmelitani per il forte contrasto dei toni bruni con il candore ora della tunica, ora del mantello, che buca lo spazio e attira l'occhio fin dall'ingresso.
Com'è vero! Tutti e tre - il profeta Elia, Santa Teresa e San Giovanni della Croce - hanno dominato, infatti, ogni inutile agitazione a favore di un energico e disciplinato raccoglimento; hanno accettato la clausura in spazi ristretti ben determinati da pilastri di saggezza e di fede.
Senza il candore delle loro virtù, senza questa severa compostezza il nostro occhio non sarebbe portato a innalzarsi sulla centralità di Gesù, ieratico eppure umano, teneramente comunicante con Maria e Giuseppe. Lo spazio ricurvo del catino asseconda il gesto d'inchino delle teste di questi nei confronti di Gesù e del Padre Eterno, rappresentato da un venerando vegliardo entro il cerchio di perfezione costellato di cherubini al culmine del catino. Il cerchio, che distingue metafisicamente l'Eterno dalle realtà terrene, scomparirà nel più maturo ciclo di affreschi della chiesa parrocchiale di Ragusa del 1955.
E con l'esortazione ad ammirare e apprezzare con maggiore consapevolezza il capolavoro di Cascone nella nostra frazione marinara liberandoci dall'ottusità dell'abitudine, si conclude la visita a un gioiello d'arte, ai più sconosciuto. All'uscita la torre di piazza Libertà, che si staglia in perfetta prospettiva sullo sfondo di via Marsala, ci dice la mirabile armonia fra vecchio e nuovo realizzata urbanisticamente nel quartiere Cappuccini in quegli anni, ma di questo al prossimo numero.
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