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Ragusa Sottosopra

n.3 del 07/06/2005

Nell'auditorium della chiesa
di S.Teresa, appena restaurata,
un'interpretazione suggestiva
di voce e musica del racconto
di Giovanni Occhipinti
Mille onze per il convento,
omaggio alla chiesa di
S.Vincenzo Ferreri che sarà
presto restituita alla fruizione
pubblica

Nino Ventura

foto articoloAtmosfere d'altri tempi s'avvertivano già nell'aria, al solo varcare l'ingresso della restaurata e rinnovata chiesa di S. Teresa, alla non facile ricerca di un posto, in quel piccolo auditorium che aveva, dopo tanta incuria e tanto abbandono, smesso i panni di navata adusa a riti e liturgie per accogliere, ma con la sacralità di sempre scolpita nelle sue pareti e fin dentro la sua stessa “fabbrica”, una manifestazione che, per essere stata concepita nel rispetto e nella cultura di quei tanti beni che non possono e non devono andare perduti, prometteva appunto di ripercorrere, pur nella laicità e secolarità delle sue finalità primarie, itinerari di letteraria e musicale religiosità.
Stipato in un ambiente forse non preparato ad accoglierne tanto, un pubblico colto e attento, richiamato dall'interessante iniziativa opportunamente pomossa dal Centro Studi Feliciano Rossitto, si disponeva ad ascoltare ma anche a condividere, se del caso, e certamente a valutare! una proposta quanto meno inusuale, proprio per il fatto di non avere, o di non manifestarla con immediatezza, una connotazione ben precisa. Non un récital nel senso stretto del termine, e tanto meno una pro-posta squisitamente letteraria, come è d'uso nei salotti che si fregiano di simili periodici appuntamenti, né proposta musicale o concerto che dir si voglia, e, in ultima analisi, nemmeno un vago tentativo di parlare d'arte o della qualità della vita nel vissuto quotidiano di tanti centri storici che questa vita rischiano ogni giorno di non tenere nel dovuto conto e di disperdere addirittura, con la colpevole complicità di amministratori sordi e incolti, ma più spesso inetti.
Niente di tutto questo.
O, forse, tutto questo insie-me. Un insieme inserito in una tessitura raffinata che risponde al titolo di “Mille onze per il convento” e che è, in definitiva, il coinvolgente, misterioso e a tratti struggente racconto che la maturità letteraria e narrativa di Giovfoto articoloanni Occhipinti ha voluto dare in pasto “ostia” viva di cultura in un ambiente che sapeva bene come accoglierla e farne cibo per l'animo e per la mente agli intervenuti.
Ad un excursus narrativo intrigante già per le figure, appunto d'altri tempi, che vi intervengono, diventando volta a volta protagonisti e comprimari d'un progetto di scrittura che utilizzando come dice lo stesso Autore la tecnica del metalinguaggio, si fa “racconto che si racconta”, fa da sfondo la storia che sembra emergere da secoli passati e dalla polvere e dalle macerie che essi stessi le hanno buttato addosso della piccola chiesa di San Vincenzo Ferreri, un monumento di cui molti si ricordano ma che pochi cono-scono, una delle tante ferite nel ventre fitto di stradine e di vicoli di queste nostre città che, vantando un passato illustre e glorioso, continuano a sperare nel futuro, immerse in un presente incerto e difficile. Una storia come tante che però incontrando sul suo cammino la Politica (già, con la “p” maiuscola!) non fine a se stessa, ma quella che, tenendo fede alla sua etimologia, è solo governo della città, ossia amministrazione di un bene pubblico da rispettare e valorizzare, da anteporre cioè all'interesse personale, può diventare una storia a lieto fine. E' questa la speranza che si “sustanzia” di certezza, proprio come accade nel racconto di Occhipinti, un racconto che diventa tale proprio in quanto effetto, cioè risultato, della volontà, espressa proprio alla fine dall'Autore, di non poterlo e volerlo scrivere, con la motivazione che esso, nato per celebrare i fasti, il declino e la rinascita di un monumento nel cuore pulsante della città, a quel monumento nulla può aggiungere per renderlo più bello. Così, negando e mortificando, quasi, se stesso, il racconto assolve in pieno al suo compito.
Questa storia “non scritta” è riuscita a condurre il pubblico per mano, grazie alla lettura di Giorgio Sparacino, una lettufoto articolora attenta e misurata che ha avuto il merito di sottolineare e rendere sonoramente palpabili atmosfere e momenti importan-ti dell'io narrante e stati d'animo diversi e a volte controversi dei personaggi del racconto, grazie ai toni caldi e alle sfumature del porgere che, oltre che doti personali, sono apparsi anche frutto di una matura ricerca espressiva.
Ma non è tutto. A fare da sapiente fil-rouge tra le varie tappe narrative in cui l'intero racconto si è articolato sono stati poi i musicisti Eliseo Biazzo, al violino, Giuseppe Biazzo, alla chitarra, e Salvatore Schembari, al clarinetto, che, insieme a Salvatore Appiano, al pianoforte, hanno eseguito con grande sensibiltà e trasporto un repertorio che ha incantato i presenti, riuscendo, sulle note di Chopin, di Bizet, di Rossini, di Piazzolla, a ricamare sull'incedere narrativo un suggestivo commento, quasi una ragnatela-contenitore, con una proprietà e uno spessore espressivi di grande caratura e di sicuro impatto.
Al termine, gli applausi non sono mancati, accomunando in un unico affettuoso abbraccio tutti i protagonisti della serata. Poi, spenti i riflettori e fra le strette di mano, il pensiero tornava però alla chiesa di S. Vincenzo Ferreri con la sua più accogliente navata e alla auspicabile riproposizione della bella iniziativa proprio in quella sede, invocata da tutti i presenti come la più consona, e che vive proprio in questi mesi la sua ultima fase di ricostruzione e di restauro prima di tornare alla pubblica fruizione, luogo possibile di promozione culturale e testimone inconfutabile di processi che sono sempre possibili, purché ci si creda senza condi-zioni e senza condizionamenti.
Per questo non è azzardato pensare che parte di quegli applausi risuonati all'interno del piccolo auditorium di Santa Teresa possano anche intendersi come giusto riconoscimento per la politica di cui si parlava prima e per quei politici che sanno interpretarla correttamente.

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