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Una posizione strategica per l'edificio più prestigioso del quartiere degli Archi e uno dei più singolari dell'architettura barocca.Da esso si
dipartivano le due più importanti vie di comunicazione della città antica
Il palazzo Cosentini, ben noto per le mensole riccamente scolpite
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dei suoi balconi del piano nobile, si trova alla confluenza di due importantissime vie di comunicazione della città antica: la salita Commendatore
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che, con la sua scalinata, metteva in comunicazione il quartiere inferiore con quello superiore e la strada di S. Rocco che, passando davanti alla ch
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iesa omonima, attraversava la vallata S. Leonardo e si collegava alle “trazzere” che conducevano a Comiso e Chiaramonte.
Prima del terremoto de
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l 1693 sorgevano ivi le case di Teodoro Pennavaria ed Isidoro Capodicasa che, essendosi trasferiti nel nuovo abitato, le vendettero nel 1694 ai frate
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lli Giuseppe e Vincenzo Cosentini.
I due fratelli Cosentini vi si trasferirono ed ampliarono il “tenimento di case” nel 1695 acquistando alcuni
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“casaleni” confinanti con proprietà di Giovanni Sudano di Modica.
Nella prima metà del secolo XVIII la famiglia Cosentini viene ad assumere un
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ruolo rilevante nel quartiere “degli Archi”, come dimostra nel 1741 la costruzione della sepoltura della famiglia davanti all'altare del Crocifi
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sso della chiesa di Maria SS. dell'Itria.
Intorno alla metà del secolo XVIII le case appartengono a don Raffaele Cosentini che ha sposato nel 1755
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Santa Donzelli, ultima discendente di una illustre famiglia legata all'Ordine di Malta.
E' proprio da uno zio della moglie, l'abate don Giambattista
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Donzelli, fra' cappellano dell'Ordine di Malta, che Raffaele Cosentini acquista, nel 1759, un “tenimento di case” costituito da undici vani, du
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e a pianterreno e nove a primo piano adiacente alla chiesa dell'Itria con cui era in collegamento grazie ad una porta, “fatta per commodo di d. aba
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te Donzelli”, che dal salone immetteva nella sacrestia vecchia della chiesa dell'Itria di cui l'abate era Cappellano.
Nel 1765 don Raffaele Cosen
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tini decide di riedificare il palazzo, come si evince da alcuni contratti per l'acquisto di pietra da costruzione che stipula con “maestri pirriato
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ri”, incaricati di fornirgli tutti “li pezzi di pietra bianca e nera” necessari per la fabbrica.
L'ultimo di questi contratti, datato 20 dice
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mbre 1767, oramai prossimo alla fine dei lavori, riguarda la “pietra d'intaglio” necessaria per finire il palazzo, da consegnarsi entro il febbra
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io 1768.
Proprio gli intagli in pietra costituiscono la principale e pregevolissima caratteristica del palazzo.
Il prospetto principale dell'edifi
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-cio, a due piani, è delineato da due alte paraste che terminano con un curioso capitello arricchito da festoni e da una conchiglia, elemento tra i
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più caratteristici delle decorazioni barocche.
I tre balconi del piano nobile si caratterizzano per la ricchezza decorativa delle mensole con masc
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heroni dai volti grotteschi e deformi, sormontati da figure di musici, nel primo a sinistra, figure alludenti all'abbondanza, in quello centrale, e p
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ersonaggi del popolo in quello a destra.
Il prospetto laterale è anche esso delineato da due alte paraste che incorniciano un solo balcone con cin
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que mensole, popolate di figure tra le più originali della città, i cosiddetti “mascaruna i' l'Archi”, che hanno da sempre colpito la fantasia
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popolare.
Si tratta di cinque mascheroni grotteschi che tengono in bocca animali simbolici, come la serpe e lo scorpione, sovrastati da figure alle
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goriche dell'abbondanza: donne con grandi mammelle ed uomini che reggono cornucopie colme di frutti, alludenti alla ricchezza, vera o quanto meno esibita, dei proprietari.
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