Ragusa Sottosopra
n.3 del 07/06/2011
Palazzo Giampiccolo - Monisteri
Giuseppe Arezzo - Don Giuseppe Antoci
Già esistente prima del terremoto fu subito ricostruito.
La ristrutturazione tardo settecentesca è oggi ancora leggibile nell'attuale aspetto del manufatto. La parte ampliata nel primo decenniodell'Ottocento da don Francesco Giampiccolo diventerà più tardi palazzo Monisteri
GIAMPICCOLO DI CAMMARANA
La notizia più antica relativa al palazzo Giampiccolo di Cammarana si trova in un “Rivelo” del 1689, conservato tra le carte della famiglia, in cui si parla di una “casa solerata” 1, cioè ad un piano, sita nella Piazza Maggiore della città e confinante con le case di don Settimo Settimo e con case di proprietà della chiesa di S. Maria Maddalena.
In questa casa abitava, con la sua famiglia, don Francesco Giampiccolo, primo barone di Cammarana; aveva infatti ottenuto nel 1644 l'investitura baronale sul feudo di Cammarana, che il padre aveva acquistato nel 1619 2.
Dell'esistenza di questo palazzo si trova notizia anche nel manoscritto dell'Anonimo sulla Ragusa del secolo XVII in cui si parla del palazzo del barone Francesco Giampiccolo situato nella piazza Maggiore della città - oggi piazza Pola - a fianco dell'Ospedale dei SS. Cosma e Damiano 3.
Il terremoto del 1693 distrusse il palazzo e nel crollo trovarono la morte il barone Francesco e la moglie Giovanna Lupis; in un atto notarile del 1697 si parla infatti di “casaleni 4 degli eredi del quondam don Francesco Giampiccolo, barone di Cammarana esistenti nella Piazza Maggiore” 5.
Tuttavia ben presto il palazzo venne ricostruito e ai primi del secolo XVIII vi abitava il barone Mario Giampiccolo, che era figlio del barone Francesco. Troviamo la descrizione di questo palazzo in un “Rivelo” del 1714 6 che ci parla di una casa “in venti corpi con giardino e cisterna”, confinante con la chiesa di S. Maria Maddalena e “casaleni”7 degli eredi di don Settimo Settimo. Il barone Mario Giampiccolo accresce il patrimonio della famiglia con l'acquisto, nel 1728, del feudo di Carnisala-Badia dal Monastero di S. Benedetto 8. Nel corso del secolo XVIII la famiglia Giampiccolo, che ricopre importanti incarichi con il barone Mario (ben otto volte Giurato di Ragusa tra il 1715 ed il 1743), con il figlio sac. Felice (parroco della chiesa Madre di S. Giorgio dal 1741 al 1765 e più volte Vicario foraneo di Ragusa, Procommissario della SS. Crociata e delegato del tribunale della Regia Monarchia), acquista i “casaleni” della famiglia Settimo ed ottiene in enfiteusi alcune “botteghe” di proprietà dell'Ospedale dei SS. Cosma e Damiano. Alla fine del secolo è il barone Antonino Giampiccolo, che in quegli anni ricopre le cariche di Capitano di Giustizia e di Giurato della città di Ragusa, ad intraprendere una seconda riedificazione del palazzo il cui prospetto occupa quasi un intero lato di quella che era ancora la piazza Maggiore della città. Molto probabilmente la costruzione venne completata nei primi anni del secolo XIX, dato che con un atto notarile del 20 gennaio 1802 il barone acquista le tegole per i tetti del palazzo 9. Nel corso della costruzione il barone si era appropriato “dell'aria sopra la sacrestia di S. Tommaso (a quel tempo la parrocchia di S. Tommaso aveva sede nella chiesa di S. Maria Maddalena) nonché il luogo aperto sotto l'arco nella medesima sacrestia” provocando le ire del parroco Girolamo Scolaro che intentò una lite, in cui dovette intervenire il vescovo di Siracusa ottenendo, nel 1805 10, che il barone risarcisse la parrocchia del danno subito.
La descrizione di Ragusa di Padre Zaccaria, scritta nel 1844, parla del “palazzo moderno” in cui abitava ancora il barone Antonino Giampiccolo ed il nipote “baronello” Antonino.
Intorno al 1920 il nipote di quest'ultimo, anche lui a nome Antonino, divide il palazzo in due parti che assegna ai figli Corrado, barone di Cammarana, e Paolo; da essi è poi pervenuto ai nipoti che portano gli stessi nomi e ne sono gli attuali proprietari.
Il palazzo, che conserva ancora oggi, in gran parte, l'aspetto datogli dalla ristrutturazione tardo-settecentesca, ha pianta rettangolare con un lungo prospetto ad un piano che si affaccia su Piazza Pola (l'antica Piazza Maggiore) e sulla via Orfanotrofio. In esso si aprono sette balconi corrispondenti alle sette aperture del piano terra tra cui spicca quella centrale, il portone d'ingresso, evidenziato da due coppie di colonne con capitello dorico poggiate su alti piedistalli.
Tutte le aperture del primo piano hanno cornici in pietra sobrie e lineari, da cui si differenzia soltanto quella del balcone centrale per due semplici volute ai lati e per il timpano di forma classica.
Il prospetto laterale che si affaccia sul Corso XXV Aprile, anch'esso ad un piano, riprende i motivi decorativi di quello principale ed ha solo tre aperture nel primo piano e tre nel pianterreno. Con molta probabilità è stato modificato in occasione della divisione del palazzo, nel 1920, quando in esso è stato ricavato l'ingresso di una delle due parti del palazzo.
Dall'ingresso del prospetto principale, per mezzo di uno scalone in pietra pece, si accede al piano nobile caratterizzato dalla “fuga” delle stanze di rappresentanza che conservano in gran parte gli arredi e le decorazioni originarie. Tra tutte è particolarmente interessante “la stanza della Cappella”, con l'altare di stile neoclassico incassato nel muro e rivestito di vetri colorati ad imitazione del marmo. Nel piano terra dell'ala nord sono presenti numerosi resti di fabbriche preesistenti, risalenti al secolo XV, forse appartenenti alle antiche case Giampiccolo, ed una stalla per cavalli con la mangiatoia in pietra pece e il rivestimento di maiolica siciliana del XIX secolo, inglobata nei locali commerciali ivi operanti.
MONISTERI
Il Palazzo, oggi proprietà Bruno di Belmonte, venne edificato da don Francesco Giampiccolo, pronipote del barone Mario Giampiccolo, nel primo decennio del secolo XIX, che ampliò la parte del palazzo dei baroni di Cammarana in cui abitava e che si era costruito alcuni anni addietro.
Un atto notarile del 13 novembre 180211 registra infatti il pagamento ad alcuni operai che avevano realizzato le volte “a regalino, nelle stanze proprie”. La nuova costruzione si sviluppava sull'area in cui prima del terremoto sorgevano le case della famiglia Settimo, non più ricostruite per il trasferimento a Palermo della famiglia ed acquistate dai Giampiccolo nel corso del secolo XVIII. Il progetto venne redatto dal capomastro ragusano Carmelo Cultraro jr., come si legge in un atto notarile del 14 gennaio 1810, con cui viene incaricato da don Francesco Giampiccolo a “fabbricare e proseguire la fabbrica principiata nella casa dove abita detto Giampiccolo, secondo il disegno fatto dal med. Cultraro”. Nel documento si descrivono anche le opere da realizzare: “il portone dell'entrata di stile dorico con la presenza delle colonne”, “il cammerone ( il salone) con la volta a regalino come quella fatta nella camera di mangiare del sig. barone Donnafugata”, “due camere con alcove e camerini e due altri camerini”, “con l'obbligo di fare l'affacciata in prospetto del Ven. Monastero di Valverde con una galleria (lunga balconata) 12”. L'anno successivo il palazzo era già quasi terminato dato che don Francesco Giampiccolo acquista 6000 tegole13 per il tetto ed incaricava il falegname Giovanni Cavalieri di realizzare “tutte le portiere, finestroni e braghittoni di legno che situar si dovranno nell'aperture del nuovo palaggio” 14. Del palazzo parla Padre Zaccaria nella sua descrizione di Ragusa nel 1844 dicendo che vi abitavano don Francesco ed il fratello Canonico Vincenzo, mentre il fratello Antonino, anche lui avente parte nella proprietà, abitava ad Avola. Nel 1848 don Francesco Giampiccolo, morendo senza prole, lascia erede universale la nipote Carolina Criscione moglie di Isidoro Monisteri, il quale acquista dai sigg. Antonino e can. Vincenzo Giampiccolo, fratelli del defunto Francesco, le quote di casa di loro proprietà che unita a quella ereditata dalla moglie diventa palazzo Monisteri, definitivamente separato dall'adiacente palazzo Giampiccolo di Cammarana.
2. La famiglia Giampiccolo risulta presente a Ragusa già nel 1282 con Iohanni pichulo, uno dei soldati a cavallo forniti dalla città di Ragusa al re Pietro d'Aragona. (Solarino R., La Contea di Modica, vol. II, pag. 37. Ragusa 1906).
3. Archivio Storico diocesano di Ragusa, Notizie storiche su Ragusa di Sicilia, manoscritto
4. Con questo nome si indicavano le rovine delle case distrutte dal terremoto.
5. Archivio di Stato sez. di Modica, notaio Santoro Spadola vol. 1696-1697, f. 440-441.
6. Archivio della Famiglia Giampiccolo, Rivelo dei beni del barone Mario Giampiccolo, 1714.
7. Cfr. nota 3. Le case dei Settimo non vennero ricostruite perché la famiglia, dopo il terremoto, si trasferì a Palermo.
8. Terre ancora oggi in gran parte in possesso della famiglia Giampiccolo
9. Archivio di Stato sez. di Modica, notaio Bonaventura Sulsenti, vol. 2 f. 76-77.
10. Archivio della chiesa madre di S. Giorgio, carte varie in via di sistemazione
11. Archivio di Stato sez. di Modica, notaio Bonaventura Sulsenti, vol. 3 f. 49
12. Archivio di Stato sez. di Modica, notaio Bonaventura Sulsenti, vol. 10 min. 82
13. Archivio di Stato sez. di Modica, notaio Bonaventura Sulsenti, vol. 11 min. 112
14. Archivio di Stato sez. di Modica, notaio Bonaventura Sulsenti, vol. 11 min. 146
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