Ragusa Sottosopra
n.2 del 08/04/2005
ORIEN.TE
Il progetto realizzato dall'Istituto Tecnico “E.Majorana” di Ragusa, nell'ambito dell'attuazione del P.O.N. “La scuola per lo sviluppo 2000/2006”, è stato individuato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca come valido esempio pratico da presentare alla Manifestazione Galassia Gutenberg XVI edizione dell'editoria del Mezzoggiorno che si è tenuta a Napoli presso la Fiera d'Oltremare nel febbraio scorso.
Un enorme successo ha riscontrato l'iniziativa a Napoli, nell'ambito della Manifestazione Galassia Gutenberg. Tra le varie realtà scolastiche italiane che vi hanno partecipato quella ragusana è stata l'unica a presentare una notevole mole di materiale informatico, di materiale pubblicitario su Ragusa, fornito dall' Aapit in rappresentanza del quale era presente Daniele Leone, e a distribuire dolci tipici offerti dal Caffè Italia di Ragusa. Da segnalare anche la realizzazione di due DVD di pro-mozione pubblicitaria dei due centri storici di Ragusa di grande effetto compositivo, a cura dell'Istituto Professionale per il Commercio con la supervisione del dott. Paolo Schembari e dott. Domenico Ambrosio. I due spot pubblici-tari realizzati dai ragazzi andranno in onda su Screen Saver - Rai Tre, probabilmente nel mese di maggio.
Per dare uno spaccato dell'alta qualità del progetto e dell'impegno profuso per la realizzazione di un prodotto che il ministero competente ha segnalato come testimonianza dei risultati ottenuti con l'attuazione del P.O.N. Scuola, pub-blichiamo di seguito alcune sezioni dei due moduli attinenti al territorio ibleo “Conoscenza e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale” (curato dall'Istituto tecnico industriale “Ettore Maiorana”) e “Click sui tesori di casa nostra” (curato dall'Istituto comprensivo “E.Berlinguer”).
La fortificazione militare delle coste fu affidata in Sicilia e altrove, per lunghi secoli, al sistema delle torri marittime, a un tempo avamposti difensivi e punti d'osservazione.
Per la precisione, è a partire dal XVI secolo che il sistema nell'isola si diffonde e si ramifica, come conseguenza della quotidiana minaccia delle navi turche, e acquista, oltre che una regolamentazione di architettura e tecnica militare, un ruolo definito nell'organizzazione speciale del territorio. Fu l'architetto Camillo Camilliani, fiorentino, ad essere chiamato nel 1500 dal Vicerè a studiare i luoghi dove far nascere delle torri di avvistamento che servissero per evitare che la Sicilia fosse saccheggiata dai pirati, i quali, inaspettatamente, facevano preda sull'isola di qualsiasi cosa servisse loro.
I Saraceni, infatti, spesso facevano anche prigionieri uomini e donne, portati e resi schiavi nei territori delle attuali Tunisia e Algeria. Il sistema delle torri possedeva una ingegnosa semplicità, permettendo, attraverso costruzioni poste simmetricamente e abbastanza vicino da comunicare, una veloce procedura d'allarme per le città. Gli addetti alle torri comunicavano tra di loro con segnali di fumo o fuochi e allo stesso modo per allertare la popolazione dei dintorni dal più volte imminente arrivo de “li turchi”. Per questo motivo la costa iblea è ricca, come il resto della Sicilia, di tali postazioni militari di quel periodo.
Era detta anche “Scalibro” o “Rosacarami”, identificabile come torre di “Punta Secca”. Si eleva sulla omonima punta Scalambri, luogo che
tradizionalmente si vuole sia stato uno dei tanti approdi di Ulisse, tratto in prossimità della spiaggia, e connessa al tessuto urbano del Borgo di Punta Secca. Nasce come torre privata e le sue caratteristiche strutturali ce lo confermano, es-sendo diverse da quelle delle classiche torri erette sul finire del secolo XVI. Era ben armata e servita, secondo i periodi, di 3-4 o addirittura 5 soldati. La sagoma si presenta rigidamente parallelepipeda, articolata su tre piani, con pianta pressochè quadrata di metri 8,5 x 9,20. Unico elemento originale residuo è la scarpa esterna di base, sul fronte verso il mare.
La grossa torre si trova nella piazza principale del paese, affacciata sul mare ed anzi da questo costantemente bagnata. La sua costruzione viene riportata agli inizi del '400, in nome di Bernardo Cabrera, Conte di Modica. La funzione della torre era eminen-temente di difesa, essendo questa anche un importante caricatore di viveri, già attivo nel '300, capace di <<20 mila salme di grano>> (Sacco).
Era chiamata anche “Torre Brazzetto” o “Colombara”, poiché posta all'estremo del “braccio della Colombara”, che termina appunto nella “Punta Braccetto”. Dalla sua posizione, nelle immediate vicinanze del mare, controllava perfettamente i due golfi laterali, anticamente chiamati “canaletti”. Corrispondeva verso sud con le vicine torri “di Pietro” e “Scalambri”. La costruzione fu iniziata attorno al 1595 e i lavori vennero ultimati nell'anno 1607, sotto il viceregno di Giovanni Fernandez Pacheco, marchese di Villena, da cui trasse appunto uno dei nomi. Era una torre di media grandezza, munita, a quanto ci è dato sapere, di notevole armamento e assistita da quattro soldati.
I resti della torre si trovano all'interno del paese di Marina di Ragusa, in prossimità della piazza centrale, molto vicini al mare. Non esisteva ancora sul finire del '500.
La torre, o forte, come a volte veniva chiamata, era custodita e servita da 4 soldati, a carico della deputazione, e fin dall'origine sotto la sovrintendenza del duca di S. Filippo, della famiglia degli Arezzo. Era ben munita di artiglieria: nel 1804 possedeva 3 cannoni di ferro, 2 maschi di bronzo d'avviso, 4 schioppi e 4 spingarde. Tuttavia, possiede una storia di inefficienza e continue vessazioni da parte dei corsari. Poco prima del 1798 e nello stesso 1804, ad esem-pio, viene saccheggiata e incendiata, rubati i viveri, i cannoni e gli arredi della cappella, trovandosi i sovrintendenti assenti o poco arditi.
Oggi al manufatto rimane solo un basamento in bei blocchi squadrati ottimamente conservati, che supportano una terrazza, ampia non poco ma pur sempre piccola perché l'area sovrastante possa avere ospitato una torre di guardia o addirittura un forte.
Si chiamava anche “Torre di Punta di Pietro” o “di Pietra”, ma è anche citata come “Torre di Santa Croce” o“Torre di Mezzo”. Si trova su una punta poco elevata, in prossimità di una sorgente di acqua dolce dalla quale i corsari spesso attingevano questa risorsa.
Era equidistante tra le torri Scalambri e Vigilena, per questo venne detta “di mezzo”.
Lo sbarco americano del 1943 l'ha parzialmente abbattuta. Di essa rimane l'angolo nord, costituito da conci squadrati, una parte dell'interno e la zona interrata della cisterna.
La fattoria fortificata ha origini molto antiche, è necessario risalire fino al periodo della domi-nazione romana. Alcuni documenti, attestanti l'esistenza di fattorie di quel periodo, sono stati trovati nel territorio di Modica, ove si può riscontrare ancora la presenza di poderose muraglie. Nei luoghi naturalmente fortificati spesso sorsero villaggi; ciò accadeva in epoca ellenistica, in seguito con i Romani si aggiunsero le residenze nobiliari, di cui esempi ne sono la villa del Casale e la villa del Tellano, ma altre ne esistono nel giarratanese. Per tutto il lungo periodo medievale la fattoria fortificata è preferita per ovvie ragioni storiche di riparo e protezione, data l'insicurezza dei tempi. Ma la presenza della villa si caratterizza anche come luogo di controllo della produzione. Nel tempo diventerà una casa fortezza per il feudatario o il nobile che trascorre soprattutto il periodo estivo.
Nelle grandi masserie si trovano la chiesetta e una torre di avvistamento, per le quali qualche volta venivano utilizzati gli stessi ruderi dell'antichità classica. Questo tipo di impianto è facile poterlo riscontrare nella zona sudorientale della nostra isola. La crescita e l'evoluzione delle fattorie subisce una battuta d'arresto col terremoto del 1693, ma riprende di li a poco dopo la ricostruzione della città. Il 1800 è un secolo intenso per la costruzione di molte masserie che ancora possiamo ammirare, ma che vanno incontro ad un drammatico disfacimento in quanto sono ormai cambiate le forme di conduzione agricola, ed è scomparsa la piccola nobiltà campagnola. Un tipo di masseria molto diffusa è quella a pianta aperta; spesso è la semplice presenza di una cisterna o di un pozzo con abbeveratoio e qualche casetta a dare origine ad una masseria. Nel Ragusano e nel Modicano resiste ancora “u massaru”. La masseria è il tipico agglomerato rurale dell'aria iblea, proprio della zona Sud orientale della Sicilia; si presenta sia come luogo fortificato, sia come semplice aggregato di corpi di fabbriche, destinate a vari usi. Cuore pulsante della masseria è il cortile, il cosiddetto “bagghiu” o “baglio “, attorno a cui si trovano l'abitazione propria del contadino o “massaru“, le stalle, “u maizzé“, magazzino per le provviste, a “carrittaria” per carretti e attrezzi agricoli,“u casularu“, ambiente per la stagiona-tura del formaggio, la cantina, dove sono conservate le giare contenenti l'olio, quelle per il miele, infine i barili delle olive in salamoia; ”a mannira” (l'ovile), “u purcaru” (il porcile), ”u jaddinaru” (il pollaio), “a cunigghiera” (la conigliera); tutti que-sti ambienti si aprono all'interno del cortile. Le generazioni odierne, oltre che addottare nuovi metodi, sistemi, organizzazioni, hanno cambiato o stanno cambiando il volto della masseria, che dell'antico aspetto rustico ha perso ogni connota-zione. Oggi molte altre masserie sono state ab-bandonate, e ridotte spesso in avanzato stato di degrado, preda delle intemperie e dei numerosi furti; con la loro scomparsa perdiamo purtroppo una valida testimonianza dell'antica laboriosità iblea.
L'asino “Ragusano” è senz'altro il più giovane tra gli asini di razze selezionate. E' nel 1953 che la Regione Sicilia riconosce il Libro Genealogico della razza ragusana. Il mantello è baio scuro con ventre di biscia o di cervo, muso grigio con focature agli occhi, la testa è di bella espressione, con occhi grandi ed orecchie lunghe, arti robuste. In passato, quando la forza motrice in agricoltura era rappresentata degli equini, l'asino veniva utilizzato per innumerevoli lavori e l'accoppiamento di stalloni asinini con le cavalle del territorio ibleo dava origine a ibridi chiamati muli che, oltre ad essere utilizzati per i lavori agricoli, erano molto richiesti dall'Esercito Italiano il quale, per la loro caratteristica nevrilità, li impiegava nei reparti di artiglieria in differenti situazioni. Oggi l'asino viene utilizzato per lo sfuttamento dei terreni marginali, per le passeggiate e come attrazione negli agriturismi, vista la particolare simpatia e docilità di questi animali. Una particolare utilizzazione che potrà rivalutare moltissimo questo animale è legata alle caratteristiche proteiche del suo latte. Con la somministrazione del latte d'asina ai bam-bini, ipersensibili sia al latte materno sia a quello vaccino, si è riscontrata la scomparsa della sintomatologia tipica delle intolleranze (diarrea, vomito, manifestazioni cutanee, etc.), ottenendo peraltro un rilevante incremento del peso corporeo. Queste considerazioni, che trovano la loro spiegazione scientifica nelle caratteristiche nutrizionali del latte d'asina, possono rappresentare il trampolino di lancio per la valorizzazione dell'asino “Ragusano”.
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