Inizio Pagina

Stampa questa pagina

Ragusa Sottosopra

n.5 del 05/10/2010

Le opere di Matteo Battaglia (prima parte)

Andrea Ottaviano, Storico

foto articoloMatteo Battaglia nasce a Ragusa, nel territorio della parrocchia della Chiesa Madre di San Giorgio, il 24 febbraio 1700 da Mario e da Filippa Lo Castro e muore a Ragusa il 28 marzo 1777.
E' quindi vissuto nel periodo della ricostruzione della città dopo il terremoto del 1693 e, soprattutto, ha partecipato attivamente all'ab-bellimento degli edifici con le opere che ci ha lasciato e che non sono nemmeno tutte quelle che ha prodotto. Si trovò già da ragazzo a dipingere, prima come apprendista, come collaboratore e poi come socio di pittori che operavano a Ragusa, chiamati da ordini religiosi e da procuratori delle chiese per pale d'altare o per affreschi. Fatta così una vasta esperienza, iniziò a dipingere prendendo direttamente le commesse. Coevo a Giuseppe Manoli, ragusano attivo nei primi tre decenni del Settecento, a cui si devono interventi documentati nella chiesa di San Francesco all'Immacolata, a Filipponeri Flaccavento, con il quale ha lavorato e di cui è stato socio, conobbe certamente i dipinti di don Franzo Nicastro e di Ignazio Scacco, vissuti a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo.
Nel rappresentare i personaggi ha uno stile proprio facilmente riconoscibile e inoltre si trova a proprio agio nel dipingere prospetti e disegnare geometrie. La sua prima opera, andata completamente perduta, ma della quale si ha una descrizione, è quella della chiesa di San Giuseppulo o di Santa Mariula, come viene nominata nella visite pastorali, che si trovava all'angolo di via dei Sospiri. Era un tetto di tavole, dipinto tra il 1725 e il 1728, e rappresentava un edificio di stile classico cfoto articoloon decorazioni floreali, inquadrato in una cornice di mensole. La chiesa fu venduta nel 1955 a privati che l'abbatterono per co-struirvi una civile abitazione. Le tavole smontate furono vendute ad un antiquario siracusano e pare che questi, alla fine, non riuscendo a ricomporre il disegno originario, le bruciò.
La più antica opera pervenuta è del 1740 ed è il ritratto del chierico Giorgio Nicita. Il quadro è di particolare importanza perché il chierico, inteso “Marcolfo”, fu incaricato da Don Felice Giampiccolo di dirigere i lavori della nuova Chiesa Madre, subito dopo avere acquistato dal Ga-gliardi, nel 1738, il disegno della facciata. Nel cartiglio infatti si legge: “Giorgio Nicita Architetto della Chiesa M. San Giorgio-effigiato nell'anno 1740”. Sulla sinistra lo stemma di famiglia, uno scudo ovale con la corona baronale con tre montagne e un corvo appollaiato su quella più alta. A questo dipinto ne seguì un altro del 1762. Vi è raffigurata la presentazione della nuova chiesa alla SS. Trinità, alla quale viene richiesta la protezione divina. San Giorgio, con il drago sotto i piedi e la spada poggiata a terra, e Santa Gaudenzia che regge un cartiglio, indicano alla Vergine Immacolata, coronata da dodici stelle, il prospetto della chiesa. In mezzo ai due santi un angelo regge la palma del martirio con due corone sovrapposte. La Vergine, a sua volta, volge lo sguardo alla Trinità che domina tutta la scena.
Nel cartiglio si legge l'invocazione di Geremia: Salvam me fac, quoniam adiutor meus, liberator meus, protector meus, et spes mea es tu in die afflictionis meae Jerem.; cafoto articolop. 17 (ex devotione D. Paschalis Tidona). La particolarità consiste nel fatto che la tela è attraversata da due righe di scrittura, in rosso, anch'esse due versetti di Geremia, che si possono leggere solo riflesse su uno specchio: la stessa tecnica di scrittura di Leonardo da Vinci. Un terzo quadro del 1763 rappresenta San Giorgio a cavallo con il drago trafitto dalla lancia: iconografia classica della rappresentazione del santo. Per concludere la rassegna dei dipinti presenti a San Giorgio, meritano attenzione gli Angeli, dipinti su tavola, posizionati sotto i due pannelli in stucco della cappella del SS. Sacramento. Sul lato destro i primi due angeli reggono un fazzoletto con l'immagine della faccia di Cristo, così come si tramanda sia stata ottenuta dalla Veronica durante la Passione, quando gli asciugò il sudore e il sangue. Sul lato sinistro altri due angeli reggono l'immagine della Sindone. Il corpo di Cristo disteso è dipinto sul lato sinistro con la figura perfettamente leggibile; sul lato destro, con la testa opposta all'altra, la figura è sfumata e rappresenta la sagoma di un uomo supino. Poiché la prima fotografia della Sindone (dal greco = tessuto di lino) fu fatta dall'avv. Secondo Pia il 25 maggio 1898, solo allora si scoprì che il negativo sulla lastra era l'immagine di un uomo. L'immagine della Sindone risale all'ultimo quarto del XVIII secolo, subito dopo che fu completata la cappella del SS. Sacramento, quindi almeno 100 anni prima della realizzazione della fotografia. Matteo Battaglia ha dipinto la Sindone rappresentando il corpo di Cristo sia al dritto che al rovescio.

Aggiungi questo link su:

  • Segnala via e-mail
  • Condividi su Facebook
  • Condividi su OKNOtizie
  • Condividi su del.icio.us
  • Condividi su digg.com
  • Condividi su Yahoo
  • Condividi su Technorati
  • Condividi su Badzu
  • Condividi su Twitter
  • Condividi su Windows Live
  • Condividi su MySpace
Torna a inizio pagina