
Ragusa Sottosopra
n.5 del 05/10/2010
Le opere di Matteo Battaglia (prima parte)
Andrea Ottaviano, Storico

E' quindi vissuto nel periodo della ricostruzione della città dopo il terremoto del 1693 e, soprattutto, ha partecipato attivamente all'ab-bellimento degli edifici con le opere che ci ha lasciato e che non sono nemmeno tutte quelle che ha prodotto. Si trovò già da ragazzo a dipingere, prima come apprendista, come collaboratore e poi come socio di pittori che operavano a Ragusa, chiamati da ordini religiosi e da procuratori delle chiese per pale d'altare o per affreschi. Fatta così una vasta esperienza, iniziò a dipingere prendendo direttamente le commesse. Coevo a Giuseppe Manoli, ragusano attivo nei primi tre decenni del Settecento, a cui si devono interventi documentati nella chiesa di San Francesco all'Immacolata, a Filipponeri Flaccavento, con il quale ha lavorato e di cui è stato socio, conobbe certamente i dipinti di don Franzo Nicastro e di Ignazio Scacco, vissuti a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo.
Nel rappresentare i personaggi ha uno stile proprio facilmente riconoscibile e inoltre si trova a proprio agio nel dipingere prospetti e disegnare geometrie. La sua prima opera, andata completamente perduta, ma della quale si ha una descrizione, è quella della chiesa di San Giuseppulo o di Santa Mariula, come viene nominata nella visite pastorali, che si trovava all'angolo di via dei Sospiri. Era un tetto di tavole, dipinto tra il 1725 e il 1728, e rappresentava un edificio di stile classico c

La più antica opera pervenuta è del 1740 ed è il ritratto del chierico Giorgio Nicita. Il quadro è di particolare importanza perché il chierico, inteso “Marcolfo”, fu incaricato da Don Felice Giampiccolo di dirigere i lavori della nuova Chiesa Madre, subito dopo avere acquistato dal Ga-gliardi, nel 1738, il disegno della facciata. Nel cartiglio infatti si legge: “Giorgio Nicita Architetto della Chiesa M. San Giorgio-effigiato nell'anno 1740”. Sulla sinistra lo stemma di famiglia, uno scudo ovale con la corona baronale con tre montagne e un corvo appollaiato su quella più alta. A questo dipinto ne seguì un altro del 1762. Vi è raffigurata la presentazione della nuova chiesa alla SS. Trinità, alla quale viene richiesta la protezione divina. San Giorgio, con il drago sotto i piedi e la spada poggiata a terra, e Santa Gaudenzia che regge un cartiglio, indicano alla Vergine Immacolata, coronata da dodici stelle, il prospetto della chiesa. In mezzo ai due santi un angelo regge la palma del martirio con due corone sovrapposte. La Vergine, a sua volta, volge lo sguardo alla Trinità che domina tutta la scena.
Nel cartiglio si legge l'invocazione di Geremia: Salvam me fac, quoniam adiutor meus, liberator meus, protector meus, et spes mea es tu in die afflictionis meae Jerem.; ca

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