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Ragusa Sottosopra

n.3 del 23/06/2010

"Elena" secondo romanzo di Franco Cilia

foto articoloAmori come il nostro nascono una sola volta nella vita e non muoiono mai. Ed è per questo che dipingerò ancora cieli azzurri graffiati con il tuo nome perché alla fine mi sarà più facile morire che vivere lontano dalla luce dei tuoi occhi rubati al colore del mare…

Pubblicato dalla Collana di Narrativa Contemporanea LE RUNE (2009), con prefazioni di Floriano De Santi e Francesco Solitario, Elena è il secondo romanzo del noto artista ragusano dalla personalità eclettica (pittore, scultore, scrittore, attore, scenografo). Franco Cilia dà prova di sapiente maestria narrativa.
La sua narrazione è una raffinata meditazione sulla dimensione della passione amorosa. Oscura e vitale. Lo abbiamo invitato a parlarci del suo romanzo.
L'invenzione della scrittura alterna costantemente due piani narrativi: quello dell'evolversi e della tensione di una passione amorosa tra una giovane donna (Elena) ed un attempato intellettuale di provincia (Federico) e quello dell'evolversi dfoto articoloella passione e della tensione che l'autore nutre per i propri personaggi ed il loro destino. E' la storia di un doppio tormento?
Percepisco nella sua domanda un chiedermi: “Qual è il suo rapporto tra ciò che vive e ciò che scrive?” No, non è la storia di un doppio tormento, lo scrittore inventa, non costruisce un rapporto. Ma, del resto, prendendo in prestito parole di Èric-Emmanuel Schmitt dal suo testo teatrale “Le variazioni enigmatiche”, dove un'altra Elena vive altra storia d'amore, il bello di un mistero è il segreto che contiene, e non la verità che rileva. Chi amiamo - quando amiamo - non lo sappiamo e, probabilmente, non lo sapremo mai. Per Federico Elena era una melodia che sognava ma che non udiva mai. Federico aveva bisogno dell'assenza di Elena e non della sua presenza per vivere oltre la vita con la sua cifra di scrittore. Elena per Federico è l'occasione irripetibile per assaporare i tumulti dell'amore in una stagione tardiva prima dell'inevitabile fine. Federfoto articoloico, avvolto dalla sua senilità, avverte di essere senza futuro e paga con la vita la sua debolezza, o meglio, la sua inadeguatezza a un rapporto che lo sovrasta.Per Cilia scrittore la narrazione è il tentativo di mettere a fuoco una storia di cui sono stato testimone come tanti altri a Ragusa, entrando nelle misteriose stanze della mente di una donna, portatrice, come ogni donna, di una doppia natura, creatrice e devastante al tempo stesso, un universo, quello femminile, certamente molto più complesso di quello dell'uomo. La storia conosce i colori e le ombre degli Iblei, a cui ho attinto a piene mani, trascinando dentro anche persone che mi sono amiche e care, ma la sua intenzione di significato travalica tempi e luoghi della narrazione.
Qual è l'enigma di Elena che le appartiene?
La Bellezza, la visione della bellezza come cifra carnale e vitale che trasforma Elena in Afrodite, per dirla con Francesco Solitario che ha curato l'introduzione al romanzo o rifacendomi alla prefaziofoto articolone di Floriano De Santi che esplora il confine tra Eros e Thanatos e la possibilità della terza soglia dove risiede l'enigma di Elena e del suo essere bipolare. Elena è santa e puttana nello stesso tempo, è, per dirla con Pirandello, uno, nessuno e centomila. L'enigma di Elena che mi appartiene risiede nella complessità dell'esistenza e nella possibilità di dare e ricevere i colori della vita. Non dimentichi che sono anche un pittore: l'enigma di Elena ha rappresentato anche una possibilità per dare colori a tele dove la bellezza trionfa in maniera assoluta. Non avrei potuto dipingere quelle tele se non avessi scritto Elena e se nelle pagine del romanzo non fosse una bellezza enigmatica, fatta per dare come ci ricorda Saffo, non felicità, ma travolgente, distruttiva passione: “Quanto ci è dato soffrire, /o Saffo: contro mia voglia/ io debbo abbandonarti…”
Il filo conduttore che anima i protagonisti e le loro vicende è l'incapacità d'amare. Per paura, per ottusità, per libertà. foto articoloLa passione non si tramuta mai in “amore” quotidiano, condiviso; mantiene una dimensione di “impossibilità” che la candida alla morte. E' il dramma eterno dell'amore mancato, tradito, perduto il cui epilogo è consegnato al lettore. E' l'amplificazione del mistero?
Cosa è l'amore condiviso, Faustina Morgante? Due sogni che per caso si incontrano… ma non possiamo pensare di vivere scambiando i sogni con la realtà. Avrei potuto risponderLe che l'amore condiviso è quello di avere il coraggio di diventare una coppia, di accettare il rischio di soddisfarsi o di deludersi, di avere il coraggio di impegnarsi, di fidarsi. Il coraggio di non essere un uomo o una donna idealizzati, ma una donna e un uomo reali. In fondo l'intimità è la consapevolezza dei propri limiti, potrebbe dirmi, e non potrei darle torto. Federico ha evitato questa intimità con Elena: non voleva fare i conti con i propri limiti. Federico non poteva avere il coraggio di diventare una coppia con Elena, troppo grandfoto articoloe la differenza di età, di cultura e di valori condivisi. Federico voleva invecchiare in pace, senza preoccupazioni, senza discendenza, invece inciampa in Elena, ma gli mancava troppo per essere come lei, ma, al tempo stesso, aveva troppo orgoglio per vivere con il tempo di Elena. Lei era per lui in fondo come una melodia nascosta che si indovina, si accenna e poi sparisce… Mi accorgo di parlare come Abel Znorco, il protagonista delle Variazioni enigmatiche, anche se la sua Elena è molto diversa da quella amata da Federico. A innamorarsi siamo capaci tutti, ricorda Schimitt, ma ad amare… L'epilogo consegnato al lettore testimonia la possibilità di altre soluzioni diverse dalla mia, che come scrittore ho dato. Ogni lettore che si ritrova nelle pagine di un libro ha il diritto di dire la sua sulla paura dell'amore, o, meglio, dell'accettazione dell'amore.
La forte impronta autobiografica che attraversa il racconto lo rende strada facendo “vissuto”: Totò Stella, Carmelo Ottaviano, le sfoto articolotrade e d il mare di Ragusa, ricordi ed esperienze personali. E' una ricerca intima di “senso” che vuole il conforto dello sguardo altrui?
Sì, ho voluto in questo fortunato romanzo lo sguardo altrui, i vari piani della scrittura che ho usato volevano questo alternarsi di personaggi veri e inventati. In fondo, narro il tentativo di scrittura di un romanzo, dove lo scrittore si sostituisce a Federico e i suoi amici più cari a lui, sparigliando le carte come amava fare Pirandello. Quello che Lei chiama”forte impronta autobiografica” è il tentativo di dare al lettore la possibilità di riconoscersi e di confrontarsi con Elena e Federico in un modo reale e non astratto. Uomini e donne come Elena, Federico, Gino e altri comprimari della storia da me narrata ci passano accanto per le strade della vita e da loro ho attinto l'ordito della trama. Per dirla con Pirandello, tutto quello che ho scritto è vero e non è vero niente, vero è che bisogna creare, crearsi, soltanto allora ci si ritrova.

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