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Ragusa Sottosopra

n.3 del 23/06/2010

San Nicolò di Mira

Andrea Ottaviano, Storico

foto articoloÉ stata probabilmente la chiesa più antica di Ragusa, edificata in epoca bizantina.
Un affascinante viaggio tra le fonti scritte per ricostruirne la storia attraverso i secoli


Pubblichiamo la prima parte della ricerca storica condotta dal dott. Ottaviano. La seconda parte sarà pubblicata nel prossimo numero di “Ragusa Sottosopra”

Il Sortino - Trono nella sua “Ibla Sacra” annota che la chiesa di San Nicolò era la più antica di Ragusa e pare che, come avviene per tutte le chiese più antiche e prestigiose, sia stata edificata sul tempio del dio Vulcano. San Nicolò, greco, era tra i santi più venerati in una Sicilia fortemente grecofona, nella quale i Bizantini si trovarono a loro agio con l'elemento locale ed ebbero modo di insediarsi e di rafforzarsi politicamente e socialmente in un contesto a loro favorevole. I santi bizantini perciò furono i primi ad essere venerati e il culto preesistente ad essere rafforzato. Con la conquista musulmana della Sicilia la religione non fu perseguitata sino a scomparire, come comunemente si crede, semplicemente fu tollerata, e il culto dei santi si protrasse in sordina dall'VIII al XI secolo, sino alla riconquista normanna della Sicilia.
I Normanni, dopo la conquista nel XII secolo, trovarono gran parte dei loro sudditi di fede musulmana, gli altri erano di lingua greca; quindi, intelligentemente, favorirono il risorgere del culto di lingua greca, perché quello era praticato. Gli Altavilla, perseguendo il loro disegno politico-religioso anche in questa parte della Sicilia, donarono alla Chiesa Siracusana gli importanti casali di Renda e Rendetgrebin e favorirono, con cospicue donazioni, soprattutto i Benedettini assegnando loro le Priorie di Santa Maria Dei Genitrix de Castello (1), di San Nicolai de Grecis, di Rosacambra (2), e dando ai Cistercensi la Prioria di Sancta Maria de Cateractis (3). Solo in un secondo tempo, quando il loro potere fu ben consolidato, grazie all'ampia “ Legazia Apostolica” concessa nel 1098 dal papa Urbano II con la bolla “Quia propter prudentiam tuam” al normanno Ruggero I, iniziarono l'opera di latinizzazione nominando vescovi e abati di lingua latina di loro assoluta fiducia, conferendo vastissime proprietà, privilegi e diritti feudali di grande ampiezza. Questo è il quadro storico al quale è collegata la chiesa di San Nicolò, ed esiste un documento papale, la cui interpretazione, così come riportata da storici del secolo scorso, Sortino-Trono, Solarino e dal Canonico Occhipinti, ne farebbe supporre l'esistenza all'inizio del '200; una bolla di Papa Onorio III del 1217 (I) pone le chiese dei santi Giorgio e Nicola alle dipendenze dell'abbazia benedettina della SS. Trinità e di San Michele Arfoto articolocangelo di Mileto, fondata dal gran Conte Ruggero I, oggi non più esistente. La bolla ha portato questi autori a scrivere che essa è prova dell'esistenza di queste due chiese, che dovevano essere ben ricche per essere aggregate a una abbazia fondata dal gran Conte Ruggero e che era la prediletta del re Federico II. E' noto che a Ragusa San Giorgio e San Nicola, ben distinte l'una dall'altra, si trovavano ambedue sotto il castello; se con questa aggregazione ad una titolata abbazia normanna si fosse voluto difendere il titolo matriciale di una delle due, sarebbe stato quello di San Nicola e non quello di San Giorgio, il cui culto, anche se presente nell'antica Ragusa, sarebbe stato enormemente accresciuto dai Normanni, come del resto dimostrano le vicende storiche successive.
La bolla di Onorio III, a mio giudizio, dovrebbe essere oggetto di uno studio ben più approfondito da parte degli studiosi di quel periodo storico, ed essere suffragata da altri documenti di provenienza non ecclesiastica. Dopo circa 100 anni dall'emanazione di questa bolla sono le “rationes decimarum” del 1308 -1310 a darci la certezza assoluta della presenza di questa chiesa perchè pagava il censo annuo al Vaticano. Le chiese nominate in questo elenco dovevano avere delle rendite, quindi le “rationes”, universalmente accettate come prova inconfutabile dell'esistenza di una chiesa, sono una conferma che San Nicolò era officiata almeno all'inizio del XIV secolo. Della sua esistenza in periodo antecedente all'inizio del XIV secolo dovrebbero dare una testimonianza i resti delle ceramiche rinvenute durante la sistemazione del museo della Chiesa Madre di San Giorgio, per i quali si attende la classificazione e lo studio critico da parte della Soprintendenza. In questo panorama, ristretto a scivolosi ambiti di bolle papali, privilegi e atti consimili, per San Nicolò si ha un riferimento, tanto provvidenziale quanto inaspettato: il ritrovamento di un “Encolpion”, il 16 giugno 1527, nella cavità della pietra dell'altare maggiore, durante lavori di ampliamento e miglioria dell'edificio. Prima del Concilio Vaticano II era obbligo che in tutti gli altari dove si celebrava l'Eucarestia vi fosse una lastra contenente nel mezzo una piccola cavità con una reliquia che poi veniva sigillata.
Sin da allora questo ritrovamento fu considerato importante, per cui dal notaio Tommaso De Costanzo fu redatto un “atto di invenzione” (II), certificato da più notai, che riporto nelle parti salienti, direttamente in italiano: Sia noto a tutti i presenti e anche ai posteri che oggi il Rev. Signor Giulio Corallo, beneficiato dell'eccellentissima chiesa parrocchiale di San Nicolò di Ragusa, assieme al Vicario Signore Rev.mo Giovanni De Tendulo, al mafoto articolognifico Signore don Bernardo Caprera (4), procuratore e tesoriere di detta chiesa, si presentarono a noi dicendo che volendo beneficiare e ampliare la predetta chiesa fu necessario levare l'altare maggiore, e togliendo la «valata» vi trovarono una pietra concava con coperchio, al cui interno c'era una piccola croce lunga circa mezzo palmo (7,5 cm.) nella quale è scolpita l'immagine del Salvatore e Redentore nostro Gesù Cristo, dei Principi degli Apostoli Pietro e Paolo e degli Evangelisti. Vi sono scritte certe lettere greche le quali dicono che vi sono le ossa di Pietro e Paolo. Tolti i chiodi che uniscono le due metà all'interno si trovarono due frammenti di ossa grandi quanto mezza fava.
Furono subito rimessi nello stesso luogo in cui erano stati trovati, con riverenza, e il rev.mo don Giulio (Corallo), beneficiato, informò il rev.mo mons. Ludovico Platamone, vescovo di Siracusa, delle cose fatte. Sua Rev.ma Signoria benignamente concesse di levarle da dove si trovavano e di poterle conservare in un altro luogo, adeguato e dignitoso, per maggiore devozione di queste gloriose reliquie, per poter fare le processioni e la festa, come si conviene. S. E. concesse anche, con i suoi poteri episcopali, a tutti e anche ai singoli di ambedue i sessi, che se visiteranno e onoreranno con le preghiere le sante reliquie, e faranno l'elemosina per dare una mano per l'edificazione della fabbrica a beneficio di S.to Nicolao, guadagneranno l'indulgenza episcopale, ma per quante volte visiteranno e faranno l'elemosina, anche se cento volte al giorno, tante volte guadagneranno l'indulgenza. …..Intervennero il Rev.mo Signore don Giovanni Giombarresi, altro vicario e socio del Rev.mo Beneficiato (cioè di Giulio Corallo) e la maggior parte del clero, preti e diaconi, e i magnifici Capitani, Giudici e Giurati di detta Terra, il Magnifico Carlo Perrotta, Vincenzo Gaspano, i Magnifici Bernardo Tagliaferro, Mariano Ciaula, Guglielmo di Cabrera, Filippo Fronti Iudici, e molti altri signori e onesti popolani di detta terra. Il Rev.mo beneficiato fece togliere la “ valata” e aperto il piccolo vano, dal suo interno fu rimossa la crocetta; nuovamente furono lette le iscrizioni per le persone dotte, ed esse dicevano che erano le ossa di Pietro e Paolo. Poi, con molte candele accese, con riverenza, onorata da detto clero, con invocazioni del popolo alla Madre di Dio onnipotente, la crocetta fu tolta dall'altare e pubblicamente fatta vedere a tutti. Poi fu aperta e al suo interno si mostrarono le due sante reliquie; di nuovo il Rev.mo beneficiato sigillò la crocetta che fu posta in un tabernacolo per potersi fare agevolmente le feste solenni, per poter essere mostrata ed essere portata in processione come si fa per le reliquie foto articolodi tanti santi. Per rendere evidente la nostra indubbia fede, rendiamo testimonianza delle cose sopra narrate per il futuro e per i posteri. Di quanto sopra è stata fatta testimonianza dinanzi a me notaio Tommaso De Costanzo, testimoni Rev. dominus Paulus Comitino, Ven. Don Mattheus Di Marco, Don Paulus De Novello, Not.i Carolus De Jurato, Not.i Vincentius De Raniolo…”
Nella parte finale è scritto che all'atto notarile fu apposto il sigillo con l'aquila dal notaio Santorius Spatola, archivista e detentore dei libri della “università di Ragusa”, e che fu trascritto nella raccolta degli atti ufficiali della città (andati distrutti o dispersi). Nel 1530 fu fatta una custodia di argento dorato, che sul piede esalobato porta la data e l'iscrizione “HIC SUNTOSA PY ET PAULI”.
Poiché la datazione della crocetta è presumibilmente collocata tra l'XI e il XII secolo, se la chiesa era già esistente quando fu collocata nell'altare, essendo improbabile che durante i due secoli della dominazione araba siano state erette nuove chiese, San Nicolò doveva esistere già in periodo bizantino. Leonardo Lauretta (III), che ha scritto una tarda storia di Ragusa nel XVII secolo, asserisce che per gli affari ecclesiastici, che spesso avevano risvolti civili, il clero si riuniva in questa chiesa e che da essa partivano importanti processioni, quale quella delle Rogazioni.
Tra le altre prerogative San Nicolò aveva il diritto di riscuotere le decime dagli ebrei convertiti, privilegio concesso nel 1557 dal vescovo di Siracusa Mons. Girolamo Beccadelli Bologna, che mantenne sino a quando la comunità israelita non cessò di esistere (il parroco del tempo era il rev. don Polito Presti Distefano). Queste rendite si andarono assottigliando sino a cessare del tutto quando gli ebrei di 2ª e 3ª generazione si integrarono completamente o andarono via. Di conseguenza la chiesa ne risentì, e il culto si reggeva solo sulle cappellanie e sulle offerte dei fedeli.
Altro problema era che la parrocchia non aveva un vero territorio e confini ben definiti, ma i suoi parrocchiani si trovavano “spalmati” nelle altre tre di San Giorgio, San Giovanni e San Tommaso. Nella visita pastorale del 24 ottobre 1581 il vescovo Orosco, vista questa situazione anomala, ed essendo inoltre la chiesa al limite del territorio di San Giorgio, soppresse la parrocchia, assegnò il titolo al Parroco della Matrice che da questo momento unì nella sua persona ben tre benefici, e dispose che i parrocchiani fossero assegnati a pieno titolo alla parrocchia in cui si trovavano. Dispose pure che la chiesa dovesse rimanere aperta al culto e che vi si dovesse celebrare la Messa la domenica e gli altri giorni festivi; inoltre per la festa di San Nicolò si dovevano foto articolocelebrare i vespri e una Messa solenne con la partecipazione del clero delle tre parrocchie. Da quella data i Parroci della Matrice, nei documenti, si intitolano pure “Parroco di San Nicolò” e non mi risulta che questo titolo sia mai stato abolito, anche se caduto in disuso con il trasferimento nell'attuale chiesa. I “nicolaisti” erano potenti e la famiglia più in vista, quella dei La Rocca, abitava in un palazzo vicino alla chiesa di San Basilio nel luogo che si chiamava “delli Rocchi”, oggi Largo Camerina. Essi non accettarono la soppressione della Parrocchia e meno che mai lo smembramento della loro comunità, per cui la decisione del Vescovo non ottenne alcun risultato. In occasione della seconda visita pastorale, nel 1599, il Vescovo ordina al suo Vicario di Ragusa di procedere ad assegnare i parrocchiani di San Nicola, come aveva già disposto nel 1581.
“Al sig. Vicario don Giacomo Modica (5), Rev.mo noster, essendo noi nella terra di Ragusa, in discorso di visita, ritrovammo che li parrocchiani di Santo Nicolao sono dispersi, habitando nelli parrocchiali di S.to Georgio, S.to Gio. e S.to Thomaso, talmente che ritrovammo li sacramentati nelle suddette parrocchie, non essendo loro veri parrocchiani. Ci fu fatta instantia che li riducessimo e assegnassimo per parrocchiani a dette tre parrocchie alle quali sono più vicini. Noi…vi dicimo che Voi, colla consulta et presentia del Mag.co Paulo La Restia (6) vi informerete delli casi di detti parrocchiani , et quelli assegnerete per veri parrocchiani alli chiese più vicine, cioè se alcuno di detti di S.to Nicolao habita vicino S.to Georgio, l'assignerete a detta chiesa, e così simili farete per S.to Gio. e S.to Thomaso, che Noi vi diamo ogni autorità e potestà, et così esiquirete. Dat. Syracusis , die 3 november, 13ª ind., 1599.Joannes Episcopus Syracusanus” (IV). (continua)

1)Santa Maria del Monaco poi Santa Maria La Nova, e infine l'attuale Sant'Antonino
(2)Santa Croce Camerina
(3)Santa Maria delle Scale
(4) Giovanni Bernardo figlio di Bernardo Caprera
(5)E' il parroco di San Tommaso che nel 1610 regalò la chiesa di Sant'Agata ai Cappuccini
(6)Governatore della Contea di Modica dal 1601 al 1633,
(I)Archivio Vicariale della Chiesa Madre di San Giorgio . Copia della Bulla riportata nel ” VI volume Cannezio”
(II)Archivio Vicariale della Chiesa Madre di San Giorgio. Copia nel” Libro nero di scrittura della Cappella di San Nicolò dentro la Chiesa Madre di San Giorgio
(III)Relazione su Ragusa e topografico stato della stessa. Sta in “I Conti di Ragusa e della Contea di Modica” di E. Sortino-Trono
(IV)Archivio Vicariale della Chiesa Madre di San Giorgio- Scritture concernenti al Vicario delle Processioni

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