Ragusa Sottosopra
n.1 del 08/02/2010
Diario di un emigrante ragusano in Belgio
Silvio Biazzo, giornalista
Nell'Italia post bellica divampa il fenomeno dell'emigrazione che
raggiunge il suo culmine negli anni '50. Carpenzano ha voluto raccontare in un libro il suo vissuto da emigrante ragusano in Belgio.
Separazioni, angosce, fatiche, speranze, perdite.
Un vissuto emotivo “universale” che accomuna tutti gli emigranti del mondo. Di ieri e di oggi
Una storia come tante, una storia di emigrazione, di emigrazione sofferta, una storia vera ma, questa volta, con risvolti degni del più avvincente romanzo d'appendice. E' il Diario di un emigrante ragusano in Belgio, uno spaccato di vita vissuta da Michele Carpenzano durante gli anni dei sogni e delle speranze, in un momento in cui l'intera nazione usciva dalla devastazione di un immane conflitto che aveva travolto uomini e cose.
Galeotto è l'articolo apparso quel giorno - 1° gennaio 1951 - sul quotidiano La Sicilia, letto mentre tra amici ci si crogiola nel dolce far niente in un bar tra una bibita ed un cannolo: la Federazione Carbonifera belga di Bruxelles cerca operai italiani per le miniere di carbone, il nostro protagonista già fantastica di evadere da quel suo piccolo mondo. Fermo il diniego dei genitori dei quali è necessaria la firma che verrà dopo - non essendo Michele maggiorenne. Da Ragusa partono in venti, dopo le rigide selezioni lungo il viaggio ne arrivano a destinazione otto, lui compreso. Ma la realtà a Charleroi (località a pochi chilometri della più tragicamente nota Marcinelle) è più nera del previsto, scende nell'inferno miniera, il primo impatto è tragico: là sotto in quel lungo cunicolo Michele invoca l'Onnipotente e la sua mamma quando gli si spegne la lampada ed il buio più assoluto lo avvolge, viene soccorso, riemerge dal baratro, vuole ritornare in Italia, a casa.
Determinante l'incontro con un amico sardo che lo rincuora: la discesa del secondo giorno è meno traumatica (900 metri!). Ed il tempo comincia a trascorrere, si fanno amicizie, a volte viene voglia di mollare tutto e tornare in Italia, ma la sera dopo cena ci si incontra con gli amici e si va in giro, la fatica della giornata per un po' passa. Un brutto giorno le sirene in lontananza lacerano l'aria, scoppia il grisù in miniera, un evento ricorrente in quei posti di lavoro, ci sono dei morti, Michele fa parte della squadra dei soccorsi, la notizia giunge in Italia, la madre lo supplica inutilmente di ritornare (anche lui di lì a poco ha un incidente in miniera, una profonda ferita al braccio che lo allontana dal lavoro per un mese). Poi la svolta, l'incontro con Marina, la vita cambia, si frequentano, lei friulana - è dolce ed affettuosa - scocca la scintilla e nasce l'amore. I giorni adesso sono più luminosi, la speranza di un futuro migliore quasi la si tocca con mano…fino a quella famosa sera! Michele al rientro dal lavoro trova un telegramma dall'Italia, lo legge tremante “Mamma grave urge tua presenza. Firmato, un vicino di casa”. Il mondo gli cade addosso, Michele saluta Marina, le dà l'arrivederci (ma sarà l'ultima volta che la vedrà) e si precipita a casa dopo un odissiaco viaggio. Ma la malattia della madre era solo un pretesto per far ritornare Michele, lei non sta male e da quel giorno farà di tutto per non farlo ritornare in Belgio, gli strappa persino il biglietto del treno per il ritorno e, cosa più importante, il passaporto. Michele è disperato, ma intanto non vuol far soffrire la madre: scrive decine di lettere a Marina ma non riceve risposta alcuna (dopo ne capirà il motivo). All'epoca telefonare era un'avventura quasi impossibile. Scoprirà poi che la sua Marina era deceduta a seguito di un brutto incidente con la bicicletta mentre andava a lavoro, che era incinta e lui era il padre, che lui non aveva ricevuto le sue lettere perché all'arrivo venivano strappate dai suoi genitori (per fargli togliere dalla testa il Belgio). Di lì a poco per il grande dolore tenterà il suicidio: con tutta la forza che gli resta si lancia a capo basso contro il muro. Drammatica la corsa in ospedale tra le braccia del padre, diagnosi “trauma cranico con frattura della colonna vertebrale”, lunga e dolorosa la ripresa. Durante una delle notti trascorse tra atroci dolori sogna un cielo stellato ed una stella si stacca dal firmamento e gli si ferma accanto, una voce gli sussurra “Non preoccuparti, ci sono io con te” (dopo capirà che quella stella era la sua Marina accompagnata da un angelo). La sua vita prenderà poi altre strade, ma i dettagli ed i risvolti della storia sono imprevedibili …da far commuovere anche i sassi (il libro si è costretti a leggerlo tutto d'un fiato per gustarlo appieno!). Cosa dire? Una storia semplice, di vita reale che testimonia come il destino è il padrone incontrastato di ogni esistenza umana, e Carpenzano l'ha saputa scrivere con semplicità, senza fronzoli né orpelli, non ci sono vacui pietismi né forzature “strappalacrime”, la racconta come la si può raccontare ad amici seduti in un piccolo bar di periferia tra una “bibita ed un cannolo”, con gli occhi fissi nel vuoto (e verso l'immensità del cielo per cercare di individuare la sua “stella”), per focalizzare un passato lontano ma sempre vivo nell'animo semplice di un uomo che sa far suscitare sentimenti veri, che colpisce nel profondo il lettore, sentimenti oggi certamente desueti perché arrotati dal ritmo frenetico di un secolo che forse ha perso per sempre il gusto dei veri valori.
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