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Ragusa Sottosopra

n.1 del 09/02/2005

Questione colore
Si concretizza in due aspetti che presentano approcci concettuali e normativi diversi
L'intervento di nuova edilizia e la manutenzione dell'esistente

Calogero Rizzuto - Capo Servizio Sezione Beni architettonici della Sovrintendenza di Ragusa

foto articoloConfronto sereno sì, dialettica costruttiva sì, polemica sterile e critica distruttiva no: nel dibattito aperto in città sul tema del colore è giusto che tutte le persone che hanno qualcosa da dire in termini propositivi intervengano, ma nel rispetto reciproco delle relative posizioni e soprattutto nella consapevolezza che queste pagine di confronto servano a fare chiarezza e a tutelare al meglio il patrimonio che c'è stato tramandato.
Le problematiche della coloritura delle facciate non si esauriscono nell'analisi e nello studio degli aspetti più direttamente e specificatamente connessi alle tematiche di indagine storico-architettonica, del restauro e delle tecnologie, ma al contrario esiste un altro aspetto meno entusiasmante e altrettanto importante che è il rapporto tra studi teorici e le relative azioni conoscitive e il problema della conservazione dei beni urbani legato alla gestione di tale patrimonio in termini di appropriate strumentazioni normative.
Il problema della coloritura deve essere assunto ed evidenziato dalla Pubblica Amministrazione nella più ampia concezione dell'assetto e della gestione dell'ambiente urbano e del territorio come problema di regolamentazione e tutela derivante da profonde motivazioni di natura culturale.
Tra gli operatori più direttamente interessati al problema, è purtroppo diffusa una errata interpretazione tendente a scindere l'opera architettonica in due livelli ben distinti: uno costituito dalla struttura tipologico-funzionale, connesso all'aspetto utilitaristico, l'altro rappresentato dalla sola immagine estetica.
Nell'ordinamento legislativo il concetto di bene culturale esplicita la concezione secondo cui il bene culturale è sinonimo di patrimonio culturale necessitante di tutela, essendo, oltre che bene privato, bene culturale dell'intera collettività.
Il concetto di monumento è pertanto rapportabile nell'ambiente urbano anche alla cosiddetta architettura minore, che nel tempo ha acquisito uno spessore storico, ovvero un significato culturale rappresentativo di un specifico ambito storico-culturale e come tale deve essere oggetto di particolare gover-no del territorio. La questione colore si concretizza quindi in due aspetti: nell'intervento di nuova edilizia e in quella manutentoria dell'esistente, presfoto articoloentando proble-matiche di tipo diverso sia a livello concettuale che normativo.
Nel caso di interventi di nuova urbanizzazione è necessario che lo strumento urbanistico provveda a definire i criteri e le caratteristiche delle coloriture dei fabbricati unitamente alle norme per i tipi edilizi da adottare.
Diverso problema presenta l'intervento sull'esistente, dove il “colore”, per la sua stratificazione storica variamente costituita, ha concorso alla formazione del tessuto stesso della città, assu-mendo il significato di “espressione culturale” e dunque in tale logica devono ricercarsi i criteri di formulazione delle norme.
L'attuale struttura normativa vigente, basata sul “che cosa non si deve fare” e non tenendo conto della “qualità da produrre”, non genera risultati accettabili.
Non è certo da trascurare la capacità di trasformazione insita nella operazione manutentoria delle facciate, ed è pertanto opportuno che siano stabiliti i criteri generali e particolari da seguire nell'ambito dell'attività edilizia.
Diversamente tale processo di trasformazione si modifica da una corretta operazione manutentoria in un sistema disordinato, approssimativo, in cui i privati sono i soli gestori di questo tipo di assetto, tendendo inevitabilmente ad adottare le soluzioni più semplicistiche o lucrose rispetto a quelle più rispondenti e responsabili nei confronti della collettività.
Al pari delle attività edilizia ed urbanistica, è quindi necessario che anche la coloritura dei prospetti sia ricondotta ad un sistema organico di norme di tipo edilizie ed urbanistiche.
Anche il rifacimento delle situazioni esistenti in realtà dà luogo a modificazioni cromatiche, come per altro è facile documentare, istaurando un processo arbitrario e casuale di trasformazione per lungo tempo irreversibile.
L'uso di materiali tecnologicamente impropri, la volgarità costruttiva diffusa, l'uso di malte ed intonaci destinati a danneggiare ciò che dovevano proteggere o, nel migliore dei casi, destinati a breve vita, danno luogo ad interventi sbagliati e non rispettosi del manufatto su cui si interviene.
Scopo dell'intervento deve essere la conservazione dell'architettura e con essa l'idea di architettura che con la materia è connessa.
La pratica dell'intervento sfoto articoloi deve spostare quindi dall'individuazione dei criteri selettivi a quella dei metodi di prevenzione del degrado, di limitazione del processo, di protezione e di consolidamento; l'antico insegnamento della supremazia della manutenzione sul restauro, la necessità che la sua costante esecuzione escluda al limite il restauro devono essere perseguiti fino in fondo e la conservazione deve rimanere l'obbiettivo finale.
Ciò non significa, è chiaro, che laddove essa incontri oggettivi limiti tecnici l'alternativa sia l'abbandono e l'apprezzamento deteriore del degrado.
D'altronde non è affatto sempre necessario che il segno del degra-do, dell'interazione con l'ambiente, debba essere cancellato: dalla patina, che ha gia ricevuto lo status di apprezzamento estetico, alle lacune.
Il criterio fondamentale è quello della conservazione della fabbrica nel suo complesso, e il fine suggerirà di volta in volta il provvedimento, fermo restando il fatto che la sostituzione non è altro che la forma più rapida di distruzione e che ogni ricorso ad essa è la registrazione di una sconfitta.
E' necessario quindi un nuovo atteggiamento nei riguardi delle superfici dell'architettura e nella fattispecie degli intonaci: non devono essere più considerati come superfici di sacrificio rinnovabili, separate dalle strutture architettoniche dell'edificio, ma come singoli e specifici elementi della costruzione per il quale deb-bono valere gli stessi criteri operativi del progetto architettonico di restauro.
Al di là delle “ricette” più o meno veritiere, al di là dei concetti “coloriti” passati dalle pagine di questa rivista nei mesi scorsi, è evidente, negli operatori del settore, uno stato di insoddisfazione relativo ai risultati raggiunti in questi anni; l'obbrobriosità che caratterizza alcuni tratti del pae-saggio urbano di Ibla, dopo interventi di intonacatura, i quali per materiali impropri utilizzati e per coloriture costituiscono uno sfregio permanente a questo Centro Storico, deve portare tutta la comunità tecnica ad una sana e critica riflessione sulle scelte progettuali operate in questi ultimi anni.
Oggi la scienza tecnologica ci mette a disposizione gli strumenti necessari per poter affrontare e risolvere queste problematiche con metodo e rigore scientifico.

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