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Ragusa Sottosopra

n.6 del 30/12/2009

Rischio sismico e cultura del miglioramento

Giorgio Battaglia, Dirigente Servizio Architettonici Sovrintendenza ai BB.CC.AA. a Ragusa

foto articoloIl recente convegno promosso dal Comune di Ragusa su “Utilizzo e valorizzazione dei siti UNESCO” e la relazione riguardante il rischio sismico in merito alla tutela dei monumenti e del centro storico mi hanno dato l'opportunità di chiarire alcuni aspetti della tematica, che qui intendo riproporre perché mi pare meritevole di un'attenta riflessione non solo per i tecnici ma anche per i cittadini in genere. La grande catastrofe derivata dal terremoto del 1693 segna l'inizio della ricostruzione e pone il dilemma da risolvere: dove ricostruire?
Saltando le considerazioni che stanno tra storia e leggenda e il grande risultato architettonico e urbanistico che ci ha dato la ricostruzione, oggi possiamo utilizzare alcuni dati significativi affinché la storia non sia solo il racconto di un disastro e di una rinascita, ma l'esperienza alla quale dobbiamo guardare per evitare che certi eventi naturali possano trovarci impreparati.
Noto e Giarratana, solo per citare due esempi, sono centri ricostruiti in altri luoghi ritenuti idonei, altre città sono state ricostruite nei vecchi siti. In ogni caso la rovina delle costruzioni e la successiva rapida ricostruzione hanno causato la perdita della continuità storica e la mfoto articoloemoria di un passato che faticosamente stiamo cercando di ricostruire tramite le poche cose che ci sono rimaste.
L'analisi sui manufatti che sono rimasti integri o quasi, a seguito dell'evento sismico del 1693, ci dimostra come alcune fabbriche, che per geometria e qualità dei materiali erano fatte secondo le “regole dell'arte”, hanno ben sopportato le azioni dinamiche del sisma ed evidenziano ancora oggi i segni del terremoto indicandoci anche la direzione dello stesso, vedi il convento di S. Maria del Gesù di Ragusa Ibla il cui periodo di costruzione si attesta intorno agli anni '20 del 1600. Le regole dell'arte erano certo contenute nei “Quattro libri dell'architettura” di Palladio, ma le maestranze che operavano sul nostro territorio certamente non le conoscevano attraverso il Palladio, poiché in molti casi erano analfabeti, piuttosto ne erano padroni per esperienza. Esperienza che veniva trasmessa dal maestro costruttore all'allievo, per lo meno nei primi decenni dopo il terremoto. Quanto più si allontanava il ricordo del sisma tanto più si perdeva la conoscenza delle regole che era nata dall'osservazione dei danni e che, quindi, non fu più compresa dalle generazioni successive.
Tale fenomeno foto articolo oggi riscontrabile analizzando i monumenti post terremoto. Infatti quanto più ci allontaniamo dal fatidico 1693 tanto più osserviamo che presidi usati nei monumenti tardobarocchi non sono più presenti negli edifici neoclassici.
Nel corso dell'ultimo secolo, poi, una sempre più scarsa conoscenza delle murature e l'avvento del cemento armato hanno causato l'incapacità a relazionarsi con le strutture delle fabbriche antiche perché si era dimenticata la “regola d'arte” che per secoli aveva rappresentato il filo conduttore delle costruzioni. Inoltre, tale incapacità ha causato molto spesso la trasformazione del patrimonio storico anche per l'utilizzo di modelli e materiali inadeguati alle strutture murarie.
Abbandonato oramai il recente passato ove si cercava di utilizzare modelli di calcolo e criteri costruttivi del nuovo, inadeguati al reale comportamento strutturale degli antichi edifici in muratura, anche grazie alla metodologia di constatazione della vulnerabilità impostata per la prima volta per le chiese friulane colpite dal sisma del 1976 e migliorata con l'osservazione sistematica dei danni prodotti da altri terremoti, si è evidenziato come il comportamento sismico delle chiese risulti inquadrabile foto articolosecondo fenomenologie ricorrenti.
La fabbrica si comporta come un insieme di macroelementi, ovvero di porzioni architettoniche unitarie sotto il profilo della risposta sismica (facciata, abside, campanile). La consapevolezza di questo sistema di collasso facilita l'indirizzo per le soluzioni più efficaci nel rispetto dei principi della conservazione.
Non a caso le direttive del Ministero per i Beni Culturali, precedute dalla circolare Ballardini, prevedono per i beni monumentali l'intervento di miglioramento sismico cosi definito: esecuzione di una o più opere riguardanti i singoli elementi strutturali dell'edificio con lo scopo di conseguire un maggior grado di sicurezza senza, peraltro, modificarne in maniera sostanziale il comportamento globale.
Tale definizione si adatta perfettamente ad una diagnosi per la risposta sismica per macroelementi e meccanismi di danno, in quanto gli elementi, o meglio i presidi ammessi, devono contrastare localmente i meccanismi nei riguardi dei quali la fabbrica è più vulnerabile, senza provocare trasformazioni del comportamento globale. Finalmente il 12 ottobre 2007 con una direttiva del presidente del consiglio dei ministri, pubblicata il 29 gennaio 2008, si foto articolodefiniscono finalità e criteri per la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni.
E' una direttiva molto articolata che, prima di passare ai criteri per il miglioramento sismico ed alle tecniche di intervento, evidenzia un percorso metodologico che pone in primo piano la conoscenza del bene come passo principale per la diagnosi della vulnerabilità, cioè la predisposizione di quel determinato bene ad essere danneggiato dal terremoto. Possiamo individuare alcuni punti fondamentali per tale diagnosi:
  • conoscenza delle tecniche costruttive e dei materiali impiegati (rilievi, applicazione delle regole dell'arte, buona qualità dei materiali, ammorsamenti tra pareti ortogonali, esistenza di collegamenti quali catene, contrafforti per evitare ribaltamenti, indagini)

  • storia dell'edificio e dei dissesti subiti (ampliamenti e/o sopraelevazioni)

  • leggere e interpretare la risposta sismica.

La direttiva all'allegato C evidenzia una metodologia che considera 28 meccanismi di danno derivati dai diversi macroelementi che possono essere presenti in una chiesa. A scopo esemplificativo se ne riportano alcune:
Allafoto articolo luce di quanto detto si evince che il percorso scientifico per arrivare ad un miglioramento sismico degli edifici in muratura si risolve attuando i giusti interventi di presidio. In tale senso sono fondamentali gli studi e le pubblicazioni del prof. Antonino Giuffrè quali “Letture sulle meccaniche della muratura storica” e “Sicurezza e conservazione dei centri storici in area sismica”, gli studi di Carlo Baggio e Caterina Carocci “Valutazione della qualità meccanica della muratura” ed “Il protocollo di progettazione per la realizzazione degli interventi di ricostruzione post sisma sugli edifici privati: definizione di modelli per l'analisi strutturale degli edifici in muratura della Regione Molise del 2006”.
Inoltre, considerando che la maggior parte degli interventi manutentivi degli edifici del centro storico comportano in primo piano il restauro delle coperture, si comprende come sia fattibile l'inter-vento di miglioramento. Già dal sisma del Friuli si è evidenziato come il problema fondamentale sia quello del crollo delle coperture in quanto le murature antiche non sono collegate in sommità e quindi, crollando le coperture, si ha pure il crollo dei piani sottostanti. Migliorare sismicamente unfoto articolo centro storico richiede diverse risorse. Se non si ha la fortuna di avere una legge di finanziamento come la L.R. 61/'81 per il centro storico di Ragusa, po-trebbe sembrare impossibile poter intervenire proficuamente o quanto meno difficile se non cambia la strategia politica sulle case. Ogni anno le varie leggi per la casa stanziano finanziamenti per le nuove costruzioni; finanziamenti che potrebbero invece essere canalizzati più utilmente per il recupero dell'esistente, stante anche il soprannumero di abitazioni che si stimano essere in oltre otto milioni. Pensiamo ai finanziamenti sia statali che regionali per le cooperative o ai fondi per l'Istituto Autonomo Case Popolari. Se tali finanziamenti venissero utilizzati per i centri storici, piuttosto che assistere al lento, o forse veloce, svuotamento dei centri storici stessi, si potrebbe invertire tale tendenza, recuperando un patrimonio esistente e principalmente mantenendo la memoria storica dell'abitare che è alla base del bagaglio culturale di un territorio. Una cultura del recupero e del miglioramento sismico ci consentirebbe, inoltre, di non trovarci, nel futuro, ancora a porre e risolvere il dilemma che i nostri avi ebbero all'indomani del terribile terremoto.

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