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Ragusa Sottosopra

n.5 del 30/10/2009

Pubblicazioni - "Favole in libertà" Concorso di scrittura creativa

Grande successo della seconda edizione del concorso di scrittura creativa Favole in libertà.
Centinaia i racconti inventati dagli alunni delle scuole primarie ragusane


Sono stati pubblicati nel volume “Favole in Libertà”, seconda edizione, i racconti degli alunni delle scuole primarie di Ragusa che hanno partecipato al concorso di scrittura creativa nell’anno scolastico 2008/09. La pubblicazione, a cura dell’assessorato alla Pubblica Istruzione e del Centro Teatro Studi, raccoglie ben 491 racconti (la scorsa edizione sono stati 294), a dimostrazione di quanta attenzione ed entusiasmo da parte dei giovanissimi studenti si siano concentrati attorno all’attività di “gioco teatrale e scrittura”. L’obiettivo di cui si è fatta carico l’amministrazione comunale nel sostenere il progetto del Centro Teatro Studio è quello di fornire strumenti (e cosa meglio dell’arte) per acquisire competenze espressive, comunicative, per stimolare capacità creative fin dai primi cicli scolastici, attraverso un itinerario pedagogico coinvolgente, quale può essere, appunto, l’espressione teatrale o l’invenzione di un racconto.
Sentimenti, valori condivisi come la solidarietà o il rispetto per la natura, una visione sana e solida dei rapporti interpersonali sono le tante facce di questi racconti pieni di fantasia, sogno e fiducia nella vita.
Come è giusto che sia.

Di seguito pubblichiamo alcuni racconti tratti dal secondo volume “Favole in Libertà”.

FIOCCO DI NEVE
C’era una volta una piccola nuvola di nome Bettina che viveva nella parte più alta del cielo. Lì c’era sempre freddissimo e le sue goccioline d’acqua diventavano sempre più gonfie e fredde finché si trasformavano in dei fiocchi di neve. Un bel giorno la nuvola Bettina diventò così gonfia che alla fine scoppiò e “partorì” i primi fiocchi di neve. Essi erano felicissimi di andare sulla terra perché rendevano i bambini contenti.
Dentro la pancia di Bettina era rimasto un piccolo fiocco di neve di nome Poff. Lui era tristissimo perché voleva andare con i suoi fratelli, ma Bettina gli ripeteva sempre che ancora era troppo piccolo e leggero per scendere giù.
Poff se ne stava tutto il giorno in un angolino della nuvola con gli occhi pieni di lacrime ghiacciate e ammirava come i suoi fratelli scendevano giù dolcemente fino a posarsi piano piano sui tetti, sugli alberi, sulle strade, sui cappotti delle persone e sui cappelli dei bambini. Invidiava i suoi fratelli che venivano raccolti dai bambini per fare palle di neve o pupazzi meravigliosi.
Finalmente venne anche per lui il giorno di andare sulla terra: era “stracontento”; così salutò la sua mamma nuvola e incominciò a farsi trasportare dal vento.
Il viaggio era lunghissimo e lui era molto impaziente. Alla fine si posò sul davanzale di una finestra di una casa bellissima dove c’era un bambino che stava giocando con le macchinine.
Poff voleva essere preso dal bambino per giocare con lui, finalmente il bimbo lo prese ma siccome c’era freddo chiuse subito la finestra e si mise vicino al caminetto per riscaldarsi.
Ma ecco che col calore del fuoco Poff si trasformò in una semplice goccia d’acqua e perse il suo bel mantello bianco.
Il bambino pianse perché non aveva più il suo fiocco di neve e Poff prima di morire ricordò com’era bello quando ancora stava scendendo lentamente dal cielo.
Alice Floridia
4ª D - Scuola Primaria “Cesare Battisti”
(2° premio)

IL PINGUINO CHE VOLEVA VOLARE
C'era una volta in una terra fredda e gelida un piccolo pinguino, che si chiamava Algy. Il piccolo Algy era un pinguino simpatico e vivace, pieno di amici e aveva due genitori che gli volevano un mondo di bene. Il padre di Algy era un grande e robusto pinguino abilissimo nella pesca, ogni giorno usciva di casa e andava insieme agli altri pinguini maschi nella grande baia di ghiaccio e insieme a loro si tuffava e col suo grande becco afferrava i pesciolini di passaggio, lui era il pinguino più abile nel cacciare i pesci, infatti ogni sera quando tornava a casa, portava sempre pesci grossi quanto la testa del pupazzo di neve nel cortile di casa. La mamma di Algy era una dolcissima pinguina bravissima nel preparare gustosissimi piatti di pesce grazie ai quali il piccolo Algy cresceva sano e forte.
Per quanto riguarda Algy, possiamo dire di lui a parte di essere un pinguino vivace e simpatico che era un cucciolo molto fantasioso, che amava la sua vita e che sognava sempre ad occhi aperti, un sogno ricorrente che lui aveva era quello di volare. Questo sogno iniziò quando, insieme al suo amico Jimmy era andato a vedere suo papà pescare, lui e il suo amico salirono su una rupe, che gli permetteva di scrutare tutto l'orizzonte. Quel giorno non c’era neanche una nuvola, l’oceano era tranquillo e il sole brillava come non mai. Algy poteva sentire il calore dei raggi solari sul suo corpo e non gli dispiacevano, l'unica cosa che un po' lo infastidiva era la luce del sole che picchiava sui suoi occhi, all'improvviso però la luce sparì per qualche secondo, perché uno strano uccello lungo almeno due metri e con un becco gigantesco stava in quel momento passando nella stessa direzione, Algy chiese al suo amico che cosa fosse quella cosa che volava così in alto nel cielo che assomigliava a loro; Jimmy, che era un pinguino molto intelligente, gli spiegò che quella specie di animale simile a loro si chiamava gabbiano, ed era simile a loro perché faceva parte della stessa grande famiglia degli uccelli.
- Perché lui ha le ali più larghe delle nostre.
- Tutto qui?
- Si
- Ma, vuoi dire che noi non possiamo volare perché le nostre ali sono troppo piccole - disse Algy fissando le piccole ali.
- Purtroppo no. Ora vieni, i nostri genitori hanno finito di pescare.
Algy andò incontro a suo padre tenendo un'aria dispiaciuta, pensando a come sarebbe bello poter volare così in alto nel cielo e poter col proprio corpo addirittura oscurare il sole.
La mamma di Algy, vedendo suo figlio così giù gli domando perché era così triste;
- Oggi ho visto un gabbiano volare, ed era bellissimo. Jimmy mi ha detto che il gabbiano è simile a noi perché facciamo parte della stessa famiglia; ma se è vero perché noi non possiamo volare? Solo perché le nostre ali sono più piccole. Non mi sembra affatto giusto!
La mamma lo prese in braccio e lo consolò, gli disse che se ci teneva tanto a volare poteva andare l'indomani a trovare il vecchio saggio dell'iceberg e chiedergli qualche consiglio, Algy si sentì meglio e dopo che la mamma lo mise a letto decise che avrebbe ascoltato il suo consiglio.
Il vecchio saggio dell'iceberg si chiamava così perché oltre ad essere vecchio e saggio viveva da tanti anni in un iceberg lontano poche decine di metri dalla costa, Algy ci andò nuotando, nonostante fosse ancora un cucciolo era il più agile nuotatore fra tutti i cuccioli.
Appena mise le zampine sull'iceberg si ritrovò davanti al vecchio saggio, un grosso tricheco con almeno 150 anni di età.
- Cosa vuoi sapere, cucciolo?
- Voglio imparare a volare. Tu puoi insegnarmelo?
- Volare? lo sono solo un vecchio tricheco, non posso insegnartelo. Però, un mio vecchio amico uccello mi spiegò come fare.
Il saggio tricheco iniziò a spiegarli come volare:
- Devi trovare un posto totalmente pianeggiante, poi devi costruire una rampa. Dopo che avrai fatto tutte queste cose dovrai iniziare a correre veloce, il più veloce che puoi, poi salirai sulla rampa e mentre sarai in aria dovrai sventolare le tue alette.
Algy ascoltò attentamente le istruzioni del vecchio saggio e non appena ritornò a casa cerco un posto con le caratteristiche richieste e qualcosa con cui costruire la rampa di lancio. Trovò una piccola vallata, sopra la montagna vicino alla spiaggia e la rampa la costruì con dei blocchi di ghiaccio che il suo amico Jimmy (il cui padre faceva il costruttore di igloo) gli prestò.
Ultimata la costruzione della rampa, Algy iniziò il suo esperimento, si allontanò dalla rampa, prese la rincorsa, corse veloce, il più veloce che poteva e quando arrivò all'estremità della rampa spicco un balzo in aria e appena sentì che le sue zampe non toccavano più terra iniziò ad agitare le sue piccole ali, ma cadde a terra dopo un attimo. Algy però non si arrese e ci riprovò, e anche se il secondo tentativo non riuscì ci riprovò, e ci riprovò ancora, ma non ce la faceva proprio.
Algy si rattristò di nuovo, non voleva pensare di non riuscire a fare una cosa bellissima come volare. Decise allora di tornare a casa per consolarsi dalla mamma, ma mentre tornava a casa vide che il mare era molto mosso quel giorno, poi sentì un urlo di aiuto, guardò meglio e vide una cosa bruttissima, suo papà era in acqua e non riusciva a tornare a riva, l'acqua lo avrebbe portato via! In quel momento però un gigantesco uccello, piombò all'improvviso dal cielo e prese per un ala il papà di Algy, lo stava portando in salvo, ma un'onda gigantesca si mise in mezzo e i due vennero gettati in uno scoglio dove con grandi difficoltà si arrampicarono, ma era solo questione di minuti e il mare li avrebbe trascinati via.
Algy allora si fece coraggio, e sfidando le onde si tuffò in mare e arrivò fino allo scoglio dove riuscì a trarre in salvo il suo papà, poi si rituffò di nuovo e andò a prendere il gabbiano che era rimasto incastrato tra i ghiacci dello scoglio e stava quasi per affogare.
ll padre strinse forte in un abbraccio calorosissimo suo figlio, e il gabbiano lo ringraziò e gli chiese cosa potesse fare per ringraziarlo. Algy allora gli raccontò del suo sogno di volare, ma essendo soltanto un povero pinguino dalla pancia grossa e le ali piccole non ci sarebbe mai riuscito. Il gabbiano gli disse - non è importante se tu sei alto o magro o forte per fare qualcosa, l'importante è che tu questa cosa la desideri fortemente; perché quello che in realtà conta non è la grandezza delle ali, ma la grandezza del tuo cuore.
Algy capì cosa voleva dire il gabbiano, e tornato alla montagna iniziò a correre il più veloce che poteva, fece un salto altissimo, agitò le ali e come per magia riuscì a stare in aria, e capì perché prima non ci riusciva.
Ottavia Coco
3ª C - Scuola Primaria “Mariele Ventre”
(1° Premio)

TICO E L'ARCOBALENO
Un giorno di settembre, nella piccola città di Tarala, in una piccola casetta vicino al fiume Tacqua, viveva una famiglia composta da Ruberto (papà), Alita (mamma) e Tico unico figlio di 10 anni.
Uno splendido sole illuminava quella piccola cittadella e la nostra famiglia decise di organizzare un pic-nic nel vicino bosco di Darco.
Tico era felicissimo e non vedeva l’ora di andare con il papà e la mamma a trascorrere una bella giornata di sole in mezzo alla natura.
Acqua, una tovaglia, panini e l'immancabile Pallino, una palla verde di peluche, amica inseparabile di Tico.
In macchina tantissime raccomandazioni di Alita a Tico: “Non ti allontanare!!!.... Non raccogliere niente!!!!... Non ti sporcare!!!!.... Non farti male!!!!..... “ fino a quando Tico si addormentò.
Arrivati al bosco Darco si presentò un panorama meraviglioso: colori straordinari, tantissime farfalle, ruscelli, uccellini che con il loro canto animavano la natura: un paesaggio fantastico. Tico non faceva altro che correre, saltare, raccogliere fiori, quando all'improvviso si accorse di essersi allontanato troppo. Impaurito, cominciò a chiamare i suoi genitori: “Papàààààààààà!!!!!!.......Mammaaaaaaaa!!!!!” ma sentiva solo l'eco delle montagne: “Pa...pa..pa,..ma...ma..ma..ma”;
Ruberto e Alita non sapevano più dove cercarlo, gridavano il suo nome ma niente: “Tico! Ticooooo! Ticoooooooo!” ma l'unica risposta era: “ico..... ico....ooooooo…oooo” quel maledettissimo eco.
Cominciò a fare buio e il cielo sembrava ancora più nero del solito. Tico, impaurito, ormai aveva perso le speranze di ritrovare i suoi genitori, stanco, si nascose dietro un grosso cespuglio e si addormentò; Ruberto e Alita, vedendo che al buio non potevano mandare avanti le ricerche, andarono via dal bosco in cerca di aiuto; arrivarono nella loro casetta disperati; non sapevano cosa fare... La notte passò lentissima e appena spuntò un po' di luce, all'alba, ricominciarono le ricerche.
Tico aprì gli occhi e si ritrovò avvolto da una coperta di foglie e aveva la sensazione di essere osservato e impaurito gridò: “ch...ch....chi è?....c...c'...c'è qualcuno?”... Incredulo vide spuntare dalle foglie degli omini verdi, minuscoli, a forma di pallina.
All'inizio gli sembrarono delle formiche, un po' strane, ma poi capì che si trattava di esseri stranissimi e la conferma arrivò quando uno di loro si avvicinò e disse: “Il mio nome è Greentom e sono il re dei Greenball e abitiamo in questo bosco da 3.000 anni; e tu chi sei?”
Tico si strofinò gli occhi perché non credeva a quello che stava accadendo e con un filo di voce rispose: “lo mi chiamo Tico, e mi sono perso… non trovo i miei genitori che mi staranno cercando…”
Greentom fece segnale a Tico di seguirlo ed entrarono in un grandissimo tronco di quercia; a Tico gli si presentò una scena incredibile; una minuscola città tutta verde... casette verdi... stradine verdi... tantissimi omini tutti verdi e tutti a forma di minuscole palline uguali al suo fedelissimo amico Pallino… si spaventava a muoversi per la paura di schiacciare qualcosa e qualcuno.
Greentom urlò: “Miei cari Greenball.....ascoltate....Lui è Tico...si è perso nel bosco e non trova più i suoi genitori...dobbiamo aiutarlo!!”
Tutti gli abitanti di Greentown, questo era il nome della cittadina, gridarono: “Tico...Tico....Tico....Tico”
Tico già si sentiva circondato da tantissimi piccoli amici; gli diedero una sedia minuscola ma Tico fece finta di sedersi perché altrimenti I'avrebbe rotta in mille pezzettini. Tico era curioso di conoscere meglio i suoi nuovi amici e chiese a Greentom: “Ma voi vivete sempre qui nel bosco? lo non vi ho mai visti?” e Greentom: “Noi non possiamo farci vedere da voi umani, è la nostra legge...possiamo uscire allo scoperto solo quando finisce di piovere!” Tico faceva finta di seguire il discorso ma non stava capendo assolutamente niente..e allora ancora chiese: “siete i soli ad abitare il bosco?” e Greentom: “No, c'è Redtown nel prato al di là del fiume, Yellowtown vicino le montagne, Blutown dentro le grotte del fiume, Orangetown sotto la cascata vicino al torrente e...” venne interrotto da Tico che esclamò: “Ma quanti siete in tutto?” “6 milioni di milioni di milioni di migliaia di centinaia di decine compreso me!” Tico per un attimo si era dimenticato dei suoi genitori, che si era perso e rimase a bocca aperta; ma lo stupore aumentò quando sentì una voce: “Non ti preoccupare, ti indicheremo noi la strada per trovare casa...” Tico abbassò lo sguardo e vide che a dire quella frase era stato il suo fedelissimo peluche Pallino e se lo strinse fortissimo a sé.
Greentom disse anche a Tico che enormi animali di ferro stavano distruggendo parte del bosco e in poco tempo sarebbero scomparse tutte le cittadelle vicine.
Tico capi quello che stava succedendo e disse: “lo vi posso aiutare, ma devo tornare a casa...mi potete aiutare?” Improvvisamente gli si presentò una scena incredibile: tutti gli omini pallina verdi, gialli, rossi, blu, viola si avvicinarono al tronco della quercia, si unirono e cominciarono a volare formando in cielo una strada piena di colori....Tico rimase a bocca aperta ed esclamò: “L'arcobaleno...ma allora voi siete.....l'arcobaleno”. Dall'alto il suo amico Greentom gridò: “Segui la punta dell'arcobaleno....ti porterà direttamente a casa tua....vienici a trovare quando vuoi... sotto il tronco della vecchia quercia c'è una foglia con 6 punte, arrotolala e soffia dentro... noi ti sentiremo... ciaooooooooooooooo”. Tico strinse il suo amico Pallino e cominciò a correre, seguendo quella strada meravigliosa. All'improvviso vide da lontano la sua casetta e cominciò a gridare “Papàààààààààààà.....Mammaaaaaaaaaaa” e le montagne: “pa..pa..pa..pa....ma...ma...ma..ma”
Ruberto e Alita scoppiarono a piangere per l'immensa gioia, lo strinsero fortissimo e lo portarono dentro casa. Tico, allora ricordandosi della promessa che aveva fatto ai suoi nuovi amici, disse a suo padre: “Il bosco Darco è il posto più bello del mondo....per favore non mandargli più i tuoi operai...” Quelle parole colpirono Ruberto, che colmo di gioia per avere ritrovato il suo piccolo Tico, gli promise che avrebbe cancellato tutti i suoi piani di lavoro.
Tico da quel giorno ogni volta che vede in cielo l’arcobaleno saluta con la mano sapendo che un giorno potrà riabbracciare i suoi minuscoli amici.
Nico Arezzo
5ª A - Scuola Primaria “Cesare Battisti”
(1° Premio)

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