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Ragusa Sottosopra

n.3 del 08/06/2009

All'ombra dell'allegro carrubbo - Saro Dipasquale

foto articoloÈ apparsa nelle librerie, pubblicata lo scorso dicembre dall’editrice Genius Loci di Ragusa, la seconda raccolta di racconti di Saro Dipasquale, All’ombra dell’allegro carrubo, con una intelligente e puntuale prefazione di Federico Guastella. Il libro segue al Gioco della mosca cavallina, pubblicato nel dicembre del 2005 dalla stessa editrice. All’ombra dell’allegro carrubo è una raccolta di 25 racconti, ambientati a Ragusa e nei paesi contermini, divisi in tre sezioni, ciascuna delle quali nel titolo riassume le tematiche dei racconti in essa riuniti.
Il libro è impreziosito da 16 dipinti di autori famosi, tra cui Piero Guccione, Franco Sarnari, Walter Piacesi, Umberto Martinelli ed altri. Si tratta di disegni a matita o a china, acquerelli e acqueforti inseriti sapientemente tra le pagine del testo in modo da costituire una elegante decorazione della narrazione.
Ogni racconto è il bozzetto di un personaggio o di più personaggi con peculiari caratterizzazioni. Il filo narrativo, infatti, più che a raccontare una storia serve a disegnare personaggi di cui l’autore ama cogliere le loro debolezze e gli aspetti esasperati del carattere, sempre con ironia e con simpatia verso le diversità degli uomini. La scrittura è piana, lo stile è modellato sulle tematiche narrate che tendono a trasmettere un sentimento di serenità, a far sorridere e a suscitare il piacere della lettura.
La prima sezione, Fatti, espedienti e scherzi di paese, si compone di nove racconti. Fin dal primo, Un’autentica passione, si coglie la verve narrativa di Dipasquale, la sua ironia, il suo radicamento nel territorio (Modica e Ragusa) in cui è vissuto.
Dalla sua penna escono figure ingenue, scaltre, o bonarie. Nunziata, che ha frequentato foto articolola scuola solo fino alla terza elementare, crede che Guido Gozzano, studiato con passione dalla figlia all’università, sia un gagliardo giovanotto di cui la fanciulla si è invaghita; il ragioniere Sarta è un buontempone, amante degli scherzi, protagonista di una feroce burla giocata all’invidia del collega cavaliere Frasca che deve subire la reprimenda del suo direttore per aver creduto che i due salsicciotti, ordinati dal superiore per ripararsi dagli spifferi provenienti dalle fessure delle finestre, siano dei salumi da regalare all’impiegato ultimo arrivato. La seconda sezione, Fidanzamenti, mediatori e matrimoni, si compone di otto racconti che tratteggiano figure emblematiche come quella del ragioniere “economo” deriso per la sua tirchieria e che continua ad essere canzonato anche quando, al cospetto della sua fidanzata, vuole apparire prodigo.
Nel Fidanzamento ufficiale tutto è giocato sul contrasto tra le buone maniere del fidanzato, della fidanzata e dei genitori di lei, e la curiosità impertinente della zia Melina che insiste con le sue domande per conoscere la consistenza patrimoniale del futuro nipote. Il fidanzato riesce ad accettare tutto, ma quando apprende che il ritratto posto sulla parete dell’ingresso non è quello della fidanzata, ma della madre di lei, ora somigliante “ad una grassa e tranquilla matrona romana”, la fiamma della passione amorosa riceve una doccia fredda e non sappiamo se si sia poi risvegliata o si sia spenta del tutto.
La terza sezione, Vicende, ingenuità e furbizie contadine, comprende otto racconti incentrati sulla furbizia o l’ingenuità contadinesca.
Si va dall’ingenuità di quei contadini che si fanno portar via da frate Filippo una gran quantità di paglia a quellfoto articoloa di massa Vannuzzu che compra a Modica il gelato (pezzo duro) per la moglie, e quando arriva col carretto alla sua casa, ubicata nei pressi di Pozzallo, trova solo della carta appiccicaticcia, e pensa di essere stato truffato dal gelatiere.
I racconti nel contenuto attingono all’ambiente della cosiddetta società babba ragusana, e sono narrati con un registro linguistico originale.
La nostra letteratura annovera autori che hanno scritto in lingua, autori dialettali e quegli autori, come i veristi o i neorealisti, che nella loro scrittura hanno inserito inflessioni dialettali o hanno usato la struttura sintattica del dialetto.
Ma anche questi ultimi hanno scritto in lingua italiana. Dipasquale invece lascia convivere la lingua e il dialetto nella stessa frase con grande naturalezza, come capita nel parlare quotidiano al medico, all’insegnante, al farmacista, al ragioniere.
L’abilità narrativa di Dipasquale si nota anche nella capacità di collocare i personaggi nel loro contesto sociale e culturale. Ciò gli permette di cogliere l’evoluzione che ha subito il dialetto, divenuto via via sempre più ibrido per il potente influsso esercitato dalla televisione nella parlata del popolo, ma soprattutto per la naturale ibridazione della lingua avvenuta in quei ceti che hanno avuto come lingua madre il dialetto, ma poi, per motivi professionali, hanno dovuto parlare l’italiano appreso a scuola. In alcuni racconti la mescolanza di lingua italiana e dialetto s’intensifica quando parlano personaggi tratti dal mondo contadino. Talora l’autore, al fine di rendere più vivo il dialogo, tende a far corrispondere l’ortografia alla fonetica della parlata corrente di strati popolari ormai non molto ampi.

A cura di Maria Iemmolo

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