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Ragusa Sottosopra

n.2 del 03/04/2009

L'ALTRO questo sconosciuto

Rocco Bitetti, Assessore ai Servizi Sociali

foto articoloConvivere con etnie e culture diverse impone di affrontare il tema dell'integrazione in tutte le sue sfaccettature.
A partire dalla consapevolezza. Il progetto “Black and White” parte proprio dallo stare insieme per conoscersi


Nel nostro lessico esiste una parola che ultimamente viene usata con una frequenza un tempo impensabile, mi riferisco a “integrazione” e con un significato del tutto particolare. Un tempo “integrare” significava prevalentemente aggiungere, completare, oggi significa inserire, ma francamente nessuno di essi rende il senso completo di questa parola che deriva dal latino “integer” integro, e che significa, fra l'altro, completo! Quindi integrare nel senso più nobile della parola. In realtà le cose non stanno proprio così ed il percorso per l'integrazione di persone che vengono dalle più disparate località con la nostra gente è veramente in salita e viene considerato tutt'altro che nobile. I motivi sono diversi: innanzitutto le diversità delle etnie, alcune europee altre asiatiche, altre ancora africane, praticamente è gente che proviene dai posti più disparati, gente che non conosciamo, con tradizioni a noi sconosciute, con stili di vita spesso per noi inimmaginabili. Tra di loro c'è chi vuole integrarsi, ma anche chi non lo vuole o non sa come si fa. Di certo, il comune sentire non è proprio di tranquillità di fronte a questo fenomeno; c'è una certa dose di preoccupazione, se non proprio paura o rifiuto di accettare questa novità. A questa difficoltà di fondo va aggiunta anche la strumentalizzazione che le forze politiche fanno di questo argomento, rendendo la sua soluzione sempre più ardua. Personalmente credo che integrare nella nostra società tante persone diverse da noi sia un problema non facile, che comporterà molte sofferenze, ma che nonostante tutto sia inevitabile affrontare e cercare di risolvere, evidenziando i lati positivi di questo fenomeno. Ho sempre pensato che un buon modo può essere partire dai più giovani, perché sono più accoglienti degli adulti, con meno pregiudizi, meglio disposti a conoscere cose nuove. In questa ottica si muove il progetto “Black and White” finanziato dalla Regione e gestito dalla Fondazione S. Giovanni Battista dopo un regolare bando pubblico. L'idea di fondo è mettere insieme ragazzi di varia cultura ed etnia per svolgere attività ludiche che facilitino percorsi di conoscenza vicendevole favorendo così l'accettazione reciproca e la scoperta dei vantaggi della convivenza fra culture diverse. Il progetto è stato possibile anche grazie alla disponibilità della dirigente dell'istituto comprensivo Odierna che ha messo a disposizione dei locali scolastici.
Doveva concludersi a dicembre scorso, ma l'amministrazione ha ottenuto un prolungamento di tre mesi dalla regione siciliana e la Fondazione sta tentando di recuperare altri fondi per prolungarlo ulteriormente. Concludendo, far convivere etnie e culture diverse è un processo lungo, complesso e non sempre indolore ma, come dicevo, inevitabile; dobbiamo quindi attrezzarci a lavorare perché ciò avvenga nella maniera meno traumatica possibile. Ciò vuol dire innanzitutto avere voglia di convivenza ma senza buonismi e pietismi di circostanza, combattendo ciò che è illegale e creando una cultura aperta agli altri ma rispettosa della legalità e custode attenta dei propri valori che vanno riconosciuti ma non considerati assoluti perché comunque spesso integrabili con altri. I nuovi arrivi nella nostra città non hanno portato solo problemi, ma anche aiuto, quindi se qualcuno ci parla di furti, ubriachezza, violenza, disordine ricordiamogli che spesso ad uno straniero affidiamo i nostri cari, le nostre risorse, il nostro tempo libero.
Chiediamo con forza al nostro governo pene più dure e certe grazie alle quali alcuni nostri ospiti magari non delinquerebbero, considerato che nei loro paesi d'origine difficilmente lo farebbero, proprio grazie a leggi più severe.
É chiaro che per ottenere ciò occorre contrastare i “professionisti” del razzismo che di questa parola fanno un uso strumentale ostacolando provvedimenti necessari a tranquillizzare la nostra gente, tranquillità che è condizione necessaria, anche se non sufficiente, ad una speranza di convivenza pacifica.

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